Quarto film diretto dal giovane ed emergente regista Paul Thomas Anderson, considerato un astro del nuovo cinema americano dopo solo tre film e grazie a capolavori come Boogie Nights e Magnolia. Dopo aver regalato a Tom Cruise una delle parti migliori della sua vita (in Magnolia), qui ha scelto un comico “demenziale” caro ai giovanissimi Usa ma snobbato dalla critica (e poco conosciuto dal pubblico italiano) come Adam Sandler. Premio per la miglior regia a Cannes 2002, Ubriaco d’amore racconta le disavventure di Barry Egan, che vive a Los Angeles ed è pieno di manie, è goffo e timido ma al tempo stesso preda di repentini scatti d’ira. Il suo problema è l’insicurezza e il bisogno di vero amore, acuito dalla vicinanza ossessiva e asfissiante di sette sorelle fin troppo premurose nei suoi confronti, capaci di telefonargli di continuo sul luogo di lavoro per chiedergli come sta o com’è andato un appuntamento amoroso (combinato da loro). Dalle sorelle si difende come può il povero Barry, che nei ritagli di tempo colleziona bollini di confezioni di budino, acquistate in quantità industriali per ottenere i punti mille miglia offerti da una compagni aerea: ma il viaggio verso mete da sogno non arriva mai.
Anderson è eccezionale nel raccontare come una vita grigia e triste riceva una svolta improvvisa. Tutto comincia con un insolito strumento musicale (un harmonium, per la precisione) abbandonato misteriosamente all’alba davanti al suo ufficio. Poi l’incontro con una ragazza dolcissima (anche questa presentata da una sorella), che sembra l’incarnazione della donna ideale. Ma c’è anche un odioso ricatto, ordito da un losco figuro che gestisce un hot line erotica cui si era rivolto Barry in una serata di particolare solitudine… Sospeso tra le minacce del criminale (il solito, bravissimo Philip Seymour Hoffman che in Magnolia era il sensibile infermiere) e l’amore per Lena, il timido Barry dovrà tirar fuori la grinta per cambiare la sua vita. E non perdere per sciocca imprudenza quello che ha appena trovato.
È una commedia romantica, brillante ma anche molto profonda e seria, questo ennesimo pezzo di bravura del regista di Magnolia, che mescola con uno stile originale e frizzante, momenti drammatici, situazioni irresistibilmente comiche e trovate poetiche. Anderson, ispirandosi a una storia vera ma trasfigurandola poeticamente, racconta un “inetto” che soffre la sua condizione e che, miracolosamente, trova in una donna la sua àncora di salvezza. Spiegando con pochi tocchi prima la solitudine e l’inadeguatezza (la scena iniziale, di Barry che osserva l’alba, dà letteralmente i brividi), poi come la vita può cambiare per un incontro. La sua grande intuizione è stata poi rovesciare l’immagine non solo del comico Adam Sandler, ma anche di Emily Watson, grande attrice drammatica (era la protagonista de Le onde del destino), qui sorridente come non mai.
Antonio Autieri