Alessandro, 22 anni, ha smesso di studiare, non lavora, passa il suo tempo a bighellonare con tre amici altrettanto sfaticati. Senza slancio e prospettive nella vita, ha una relazione segreta con la madre di uno dei tre amici. Il padre, esasperato dal suo carattere menefreghista e apatico ma anche rissoso (si è messo nei guai con la polizia), lo costringe ad accettare un piccolo lavoro: far compagnia a un anziano signore distinto, che mostra i primi segni dell’Alzheimer ma è ancora abbastanza autosufficiente. Conosce così Giorgio Ghelarducci, poeta e uomo d’altri tempi, che mostra di gradire la sua compagnia salvo poi confonderlo con il fratello (morto da tempo) o non ricordarsi il suo nome. In una stanza della sua bella casa, non solo i premi vinti ma tante incisioni su un muro, con versi che alludono a segreti e a episodi del passato. A un certo punto, i confusi ricordi recuperano infatti due spezzoni della sua vita: un tesoro nascosto in montagna, durante la guerra, e l’amicizia con tre soldati americani; e un antico amore della sua giovinezza. Motivi che lo spingeranno a mettersi in viaggio, insieme ad Alessandro e ai suoi amici.
Tutto quello che vuoi, terzo film di Francesco Bruni, sceneggiatore esperto e brillante passato alla regia alcuni anni fa con Scialla! (cui seguì il sottovalutato Noi 4), propone un classico del cinema: il confronto generazionale tra un anziano e un giovane; e anche il meccanismo della coppia mal assortita, tra un malato e una persona che lo accudisce, modello Quasi amici. A innescare la storia un elemento autobiografico: la malattia del padre, da poco scomparso (cui il film è dedicato, insieme ai suoi “tre amici americani”), che nella prima parte si manifestò in maniera buffa e con il recupero di alcuni episodi mai raccontati della sua vita; e la libera ispirazione al romanzo Poco più di niente di Cosimo Calamini. Il rapporto giovane/anziano, che spesso si traduce nei toni drammatici o malinconici di tanti film in cui c’è come un passaggio di testimone e di esperienze, qui si gioca sui toni di una commedia allegra, divertente, con molte situazioni comiche (la partita alla Playstation tra la Juventus attuale e il Grande Torino…) e battute brillanti; ma senza disdegnare i momenti più toccanti, con considerazioni sulla poesia e sulla bellezza come forma di approccio alla vita. Frequentando Giorgio, con la sua gentilezza fuori moda, Alessandro si affezionerà a quel vecchio che non si capisce mai chi riconosce e chi no, che in alcuni momenti sembra ripiombare in incubi dimenticati, ma che è anche capace di illuminarlo e che gli regala una figura di adulto che gli serve come modello. E quando dai suoi ricordi riemerge una lontana storia di guerra, farà di tutto per assecondarlo.
A regalare una variegata gamma di emozioni è sì una storia semplice ma bella, di quelle che si ha voglia di vedere e consigliare agli amici, ma anche la cura dei tanti particolari, dalle musiche di Carlo Virzì (fratello del regista Paolo, con cui Bruni ha collaborato per molti film) agli interpreti secondari. Su tutti la coppia che regge l’intera impalcatura: e se Andrea Carpenzano sembra essere la seconda grande scoperta di Francesco Bruni dopo Filippo Scicchitano (lanciato in Scialla!), Giuliano Montaldo dà al suo poeta stralunato tutta la classe e l’eleganza possibile. Il regista di Sacco e Vanzetti e del Marco Polo tv torna alla recitazione – esordì in Achtung! Banditi di Carlo Lizzani negli anni 50) con una prova che in America sarebbe da Oscar: le frasi ricercate, le parole auliche e fuori corso e la sagacia («ce la siamo spassata con moderazione») del poeta Ghelarducci trovano in Montaldo l’interprete ideale, che difficilmente potremo dimenticare. Ma sono notevoli anche Donatella Finocchiaro, nei panni della donna che ha questa liaison scandalosa con l’amico del figlio; Arturo Bruni (figlio del regista), in quelli dell’amico-rivale; l’altro amico Vittorio Emanuele Propizio; l’ansiosa vicina di casa del poeta interpretata da Raffaella Lebboroni, attrice sempre presente nei film di Bruni nonché sua moglie.
Quanto al film dopo tanto divertimento, se forse nel finale gli accadimenti si accumulano e possono sembrare eccessivi – come però è smodata e borderline la vita di Alessandro e dei suoi amici – la virata verso la commozione finale è gestita con abilità ma non furbizia. Sentiamo nell’autore che la storia che ci ha raccontato era sentita e ha toccato profondamente per prima lui: impossibile, anche per questo, trattenere un moto di commozione di fronte a un epilogo che offre, con un ultimo verso, la spiegazione del titolo e una consapevolezza nuova in un ragazzo che grazie a quell’incontro così improbabile può diventare un uomo. Può, insomma, cambiare.
Antonio Autieri