Secondo, mediocre film da regista del comico Paolo Ruffini. L’idea è quella di discostarsi dal modello farsesco del precedente Fuga di cervelli e di battere la strada della commedia sentimentale con poche volgarità e tanti affetti. Ruffini ci prova, cercando anche di intercettare un pubblico più adulto e maturo. Ma il risultato, eccezion fatta per un finale non banale, è ben poca cosa.,Giuseppe (Ruffini, in un ruolo stralunato) è un esattore dell’agenzia delle entrate in procinto di diventare padre. La compagna (Chiara Francini) ha già le doglie e il giovane, vessato dai genitori di lei e in particolare dal padre (l'ottimo Paolo Calabresi in un ruolo sacrificatissimo) e a disagio per la tensione, esce dall’ospedale per recarsi in pizzeria finendo catapultato in una vicenda dai contorni surreali. ,Ruffini alza il tiro e guarda al registro surreale e sentimentale dei conterranei Nuti e Pieraccioni che però rimangono distantissimi. Del primo – che pure ha avuto una filmografia fatta di alti e bassi e non priva di momenti kitsch – non possiede il talento né la comicità stralunata; rispetto al secondo gli mancano le furbizie narrative e un certo mestiere che ha spesso permesso a Pieraccioni di salvare sceneggiature deboli. Tutto molto bello ha invece attaccato poco: funziona pochissimo in termini di comicità con due spalle come Frank Matano e Gianluca Fubelli che sono solo macchiette; non mancano le volgarità (come nei doppi sensi delle tristi canzonette di Fubelli) e nemmeno mancano le sequenze 'scult': si può davvero pensare di poter far ridere con una sequenza come quella del pizzaiolo che fa i versi e sputa mentre prepara da mangiare? O ancora la sequenza – lunghissima – con al centro un improbabile ambiguo emiro arabo. E battute del tipo: “Errare humanum est, perseverare ovest” per non dire del cameo debolissimo di Pupo. Insomma, siamo dalle parti della farsa più pura, che lavora su un abbozzo di sceneggiatura (dello stesso Ruffini assieme a Guido Chiesa, Giovanni Bognetti, Marco Pettenello) che buca tanti momenti di possibile comicità (come lo sfruttamento bassissimo di un personaggio come quello di Calabresi, l'unico attore vero in un cast di comici) in un film che pare la brutta copia di altro: Ruffini che fa battute sull'IVA e sull'Agenzia delle Entrate un po' sulla falsariga di Checco Zalone in Sole a catinelle; Matano, davvero irritante, che scimmiotta male il candore di Troisi e un finale positivo, forse l'unica cosa davvero interessante di un film scombinato e malfatto, comunque tanto, troppo vicino alla svolta finale di Un fantastico via vai di Pieraccioni per convincere appieno.,Simone Fortunato,