Sembra una bella occasione, quella che riporta Laura con i due figli in Spagna. L’occasione del matrimonio della sorella. Laura, che vive in Argentina (ma il marito Alejandro ha preferito rimanere a casa a Buenos Aires), sembra felice di rivedere sorelle, padre, parenti. Anche una vecchia fiamma come Paco, con cui è rimasta in amicizia. Ma durante la festa del matrimonio, la bella e giovane figlia di Laura prima si sente male, poi sparisce dalla sua stanza: chi l’ha rapita? E perché ha lasciato ritagli di vecchi articoli, su un rapimento finito in tragedia? Le minacce di uccidere la ragazza convincono tutti a non chiamare la polizia, pur lasciando ampi dubbi se tenere nascosto il fatto sia davvero la soluzione migliore; anche perché il dubbio che i rapitori siano persone vicine a loro li tortura. Anche per questo si scatenano tutte le tensioni, i segreti, i rancori (e i sensi di colpa, e i rimorsi) che erano rimasti sotto traccia per anni, all’interno della famiglia e fuori, dove tutti li osservano. E sanno, parecchio, di loro.

Film d’apertura al Festival di Cannes 2018, Tutti lo sanno riporta in Europa il regista iraniano Asghar Farhadi (due volte premio Oscar, per Una separazione e per Il cliente) dopo l’esperienza francese con Il passato. Il tema delle tensioni e dei segreti che possono squassare una famiglia si era visto in tutti i suoi film precedenti, ma qui si cala in un contesto differente, molto spagnolo e latino, tra fede religiosa vissuta (o meno) in modi diversi, dicerie e maldicenze che guastano i rapporti, contrasti su beni e soldi che portano a dissidi, in famiglia e con i vicini. Il contesto è scenograficamente suggestivo, tra la villa della festa in cui si svolge il dramma, il campanile della chiesa che a più d’uno ricorda La donna che visse due volte, i campi e le vigne arse dal sole. Qui Farhadi può contare su grandi attori, come le star iberiche – e coniugi nella vita – Penelope Cruz e Javier Bardem (già in coppia pochi mesi fa in Escobar – Il fascino del male, cui si aggiunge il grande attore argentino Ricardo Darín nei panni del marito che si precipita da Buenos Aires appena scompare la figlia, e che si porta dietro fallimenti personali e un atteggiamento mistico-religioso che suona stravagante ai parenti acquisiti (e pure un po’ alla moglie).

Farhadi conferma tutta la sua capacità di suscitare tensione, in un giallo che però via via si smorza nonostante segreti sempre più dirompenti, fino a un epilogo che delude in parte le attese anche se mantiene, come da programma, il compito di spargere amarezza sui personaggi e sulle loro vicende. Compito appunto un po’ troppo programmatico, intuibile fin dall’inizio, mentre nei suoi film migliori c’è molto più sottigliezza e una reale suspense di pericoli incombenti e catastrofi in agguato; oltre tutto sempre spia di rapporti malati, ambiguità, falsità o verità parziali. Non che ci siano questi elementi, in Tutti lo sanno, ma come puro frutto di tecnica più che per sapiente rappresentazione  dei personaggi. Che forse, proprio perché lontani dall’ambito che conosce di più, sono figure anche cinematograficamente interessanti, ma difficilmente possono sembrare persone reali le cui azioni siano sostenute da motivazioni credibili. E la vicenda, pur molto forte, rischia di non incidere nello spettatore, più ammirato dall’abilità di regista e interpreti che conquistato dalla narrazione e dalle sue drammatiche verità.

Antonio Autieri