Tra due mondi vede come protagonista Marianne, una scrittrice affermata che sta lavorando a un libro inchiesta sul lavoro precario. Si finge disoccupata e si reca all’ufficio di collocamento dove viene inserita in un gruppo di donne che lavorano in un’impresa di pulizia. Qui conosce Christèle, madre single con tre figli, e la giovane Marilou con le quali inizia a fare turni massacranti sui traghetti che collegano la Francia all’Inghilterra. Stringe un legame molto profondo con la prima ma, quando la sua identità e vera professione vengono scoperte, la situazione cambia radicalmente…
Presentato alla Quinzainme des realisateurs del festival di Cannes l’anno scorso, Tra due mondi è il terzo film da regista del noto scrittore francese Emanuel Carrère che, per l’occasione, ha preso spunto dal romanzo-inchiesta della giornalista Florence Aubenas, Le quai de Ouistreham (2010). Fortemente voluto da Juliette Binoche (Marianne), il film è un viaggio nel moderno mondo del lavoro che ci viene mostrato nella sua precarietà, nella mancanza di certezze e nella sua durezza. Basta un niente per essere licenziati, anche la protesta per un’ingiustizia subita o una semplice assenza. Gli occhi di Marianne osservano tutto quello che accade e descrivono la quotidianità di un lavoro, quello delle imprese di pulizie, spesso disprezzato e della cui importanza quasi non ci si rende conto. Ma l’aspetto più interessante è la rappresentazione dei rapporti umani, forti e sinceri, che si instaurano tra le persone; la consapevolezza che si stia svolgendo un lavoro che ha una dignità che nessuno potrà togliere. Le scene di condivisione e di chiacchiere prima del turno o le serate più o meno spensierate a giocare a bowling descrivono molto bene lo spirito di gruppo e di amicizia tra le persone. Qualcosa che forse Marianne, nel suo mondo sicuramente privilegiato, non ha mai vissuto.
Tra due mondi apre gli occhi allo spettatore ma fa sorgere una domanda: è giusto fingersi un’altra persona, inserirsi in un ambiente diverso per indagare realtà e ambienti sociali lontani dai nostri? È giusto carpire i segreti delle vite di altre persone, di fatto ingannandole, per poi raccontarli? Gli interrogativi rimangono aperti. Quando la vera identità di Marianne viene scoperta, le sue amiche Christèle (Hélène Lambert) e Marilou (Léa Carne) non la prendono bene, interrompono i rapporti e si sentono tradite nella fiducia che avevano posto in una persona che consideravano parte della loro vita. In questo senso tra i due mondi, quello affermato e sicuro di Marianne e quello precario di Christèle e Marilou sembra non poterci essere vicinanza, sintonia o intesa. Non solo per motivi economici e sociali, quanto perché è venuta meno la fiducia. E lo sguardo finale sul bus che sta portando le lavoratrici al turno di pulizie sul traghetto, è più eloquente di molte parole. Curiosità finale; Juliette Binoche a parte, per realizzare il film Emanuel Carrère si è appoggiato a un gruppo di attrici non professioniste.
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