Un uomo e una donna si innamorano, e la meraviglia – da cui il titolo – del loro amore sembra rispecchiarsi nella bellezza del paesaggio francese, di una cattedrale, di tutto ciò che è attorno a loro. Poi la quotidianità, in America, e quell’amore si trasforma in pretesa, tensioni, incomprensioni, distanza. Allora l’uomo si riavvicina a un’altra donna, nell’illusione che da solo possa tenere viva quella bellezza, quell’amore. E poi ancora un’altra ferita, un’altra delusione, un altro rancore. E dopo, un nuovo tentativo. In parallelo a quest’uomo che non sa amare le donne (lo impersona Ben Affleck, regista-attore che ritroviamo dopo Argo ma in un ruolo ancor più misurato e trattenuto, senza vezzi da star), un sacerdote in crisi con la sua fede: ha le parole, le conosce tutte, ma risuonano vuote e false, non ne fa esperienza. Può la realtà, e le persone attorno a lui, tornare a essere una fonte di stupore? Può quell’Amore che lo ha conquistato rifarsi Presenza davanti a lui?
Dopo l’eccezionale poema di The Tree of Life, con To The Wonder il grande regista Terrence Malick prosegue in un percorso personalissimo, in cui riecheggiano i temi della Natura (qui incarnata dalla passione travolgente) e della Grazia. Se nel precedente film, un vero capolavoro epocale, c’era una dolorosa riscoperta del rapporto con il Creatore (e chissà quanto autobiografica, a considerare il percorso disegnato dalla sua filmografia) attraverso il recupero di quanto aveva segnato la sua vita fin dall’infanzia, stavolta ci sono due storie parallele destinate a incontrarsi. Colpisce in particolare la vicenda del sacerdote (interpretato da Javier Bardem), che invoca Cristo di farsi vedere. E che ci sorprende alla fine con una preghiera commovente, che segna un passo ulteriore di un cammino di conversione. Malick è regista che chiede molto al pubblico: chi cerca un film “facile”, vada altrove. Ma a chi accetta la sua proposta, regala gemme di bellezza (visivamente il film è splendido, ancora una volta) e di profondità umana quasi vertiginose. E a dispetto di un’accoglienza vergognosa alla Mostra di Venezia 2012, e pur meno potente e “complessivo” di The Tree of Life, anche To the Wonder – che ha uno stile molto vicino al precedente film, fatto di ellissi e frasi spezzate in forma di pensieri e di flussi di immagini solo apparentemente slegate tra loro – è un’opera imperdibile per chi ha a cuore la verità dell’uomo, la verità di sé. Come ha scritto il grande critico Roger Ebert nella sua ultima recensione prima di morire, con To the Wonder – storia di uomini e donne del nostro tempo, eppure anche universale – Malick nella sua osservazione dell’uomo arriva nel profondo, fino all’anima “nel momento del bisogno”.
Antonio Autieri