Il genere parodistico ha avuto una storia all’interno del cinema italiano (con Totò, per esempio, e soprattutto con la coppia Franco e Ciccio), poi però ha avuto la televisione – più precisamente i contenitori di varietà – come luogo di diffusione. Un tempo c’era il Quartetto Cetra che cantava “Una lacrima sul Griso” parodiando Manzoni. Oggi ci tocca La Premiata Ditta, o quel che rimane, che già nelle prese per i fondelli televisive non ha mai avuto senso dell’umorismo né originalità. Figuriamoci al cinema. Da un soggetto (?) di Claudio Insegno si mettono addirittura in due a dirigere questo pastrocchio senza né capo né coda, che vorrebbe fare ironia e sarcasmo sul filone giovanilistico (un bersaglio troppo facile). Non si capisce chi siano i destinatari del film: i ragazzi che leggono i libri di Federico Moccia non accetteranno la presa in giro e tutti gli altri, se non hanno visto i film parodiati, non coglieranno il senso delle (squallide) gag. Noioso per chiunque e volgare, non ha niente di intelligente né di divertente. L’idea stessa è sbagliata in partenza: il genere parodistico è di per sé cerebrale (i risultati migliori li hanno ottenuti autori dalla cultura ebraica come Mel Brooks e il trio Zucker-Abrahams-Zucker di “Una pallottola spuntata”). Pensare di fare il verso a film che di loro sono superficiali come “Tre metri sopra il cielo” o cinici come “Notte prima degli esami” vuol dire proprio toccare il fondo.,Raffaele Chiarulli
Ti stramo
Il tenebroso Stram si incapriccia, ricambiato, della bella (dopo una seduta dall’estetista) Bambi, ragazza di buona famiglia in procinto di affrontare l’esame di maturità