Esce accompagnato da buone critiche The War – Il pianeta delle scimmie il terzo capitolo della saga del Pianeta delle Scimmie, ispirata al celeberrimo e iconico film del 1968 con Charlton Heston (seguito a suo tempo da vari sequel e addirittura una serie tv) e spinge ancora di più l’acceleratore sul punto di vista “scimmiesco”, di fatto trasformando gli umani in antagonisti caricaturali in cui è impossibile identificarsi. Il protagonista unico della storia è infatti Cesare, leader delle scimmie evolute che abbiamo già incontrato nel primo film, quando conquistava il linguaggio e la libertà grazie ad un geniale e affettuoso scienziato; e nel secondo, dove provava a trovare una via di pace e convivenza con gli umani nel mondo post apocalittico, contro le spinte guerresche di entrambe le parti.

Qui di pace non si può proprio parlare con le scimmie braccate nei boschi da un’agguerrita (anche se non sempre astutissima) spedizione militare umana. A guidarla un feroce colonnello (interpretato gigionescamente da Woody Harrelson) che fa apertamente il verso al Kurtz di Apocalypse Now. È ai film sul Vietnam e alla loro impostazione antimilitaristica e anticolonialista che bisogna infatti guardare per questa prima parte della lunga (sicuramente troppo lunga) pellicola di Matt Reeves, che ci chiede di schierarci senza se e senza ma con la popolazione scimmiesca buttando a mare i destini dell’umanità. L’unico essere umano che meriti, in questa visione, una qualche speranza di salvezza, è la bambina muta che la piccola spedizione guidata da Cesare alla ricerca della vendetta contro chi gli ha ucciso moglie e figlio trova lungo la strada e decide di salvare (peraltro dopo averle ucciso quello che è apparentemente il padre). Il resto è rappresentato dagli esaltati soldati del Colonnello (che a un certo punto, giusto per omaggio alla temperie culturale, si mette a parlare un po’ a sproposito anche di guerra santa ed esibisce un crocefisso in mezzo alle attrezzature militari) e da una massa di militari avversari dei primi (significativamente tutti resi anonimi da una maschera da neve) destinati ad un biblico sterminio.

Accanto agli echi da film di guerra (anche se la guerra vera e propria resta fuori scena) e alle strizzate d’occhio alla saga originale anni 60/70, i richiami più forti ed evidenti di Reeves e del suo sceneggiatore di fiducia Bomback (ora arruolato anche per il prossimo Batman), sono alle vicende di Mosè. Come lui Cesare deve portare in salvo il suo popolo dalla schiavitù di un “monarca” assoluto, come nella sua storia a colpire l’oppressore arriva non solo una piaga misteriosa, ma anche un distruttivo evento naturale (la valanga come il mar Rosso), e come lui la scimmia intelligente potrà solo vedere la terra promessa oltre il deserto. La mano pesante con cui queste analogie vengono trattate, la tendenza ad alternare le scene di azione con dialoghi e monologhi didascalici e pieni di retorica, la quasi totale mancanza di pietà nei confronti del genere umano, fanno sì che il film di Reeves, al di là della notevole qualità artistica (la tecniche di CGI che rendono le scimmie – a partire dal Cesare di Andy Serkis – estremamente espressive, segnano qui un ulteriore passo avanti), risulti assai poco coinvolgente nonostante le premesse ambiziose. Inutile dire che visti i risultati al botteghino la saga continuerà comunque.

Laura Cotta Ramosino