La trama ricorda quelle storielle di paura che ci si racconta da bambini: la presunta morta torna dal nulla a tormentare gli amici d’infanzia che l’hanno dimenticata, e li imprigiona nel luogo dove era scomparsa… guarda caso, un labirinto degli orrori. Non mancano una madre impazzita, una ragazza cieca quasi sensitiva, un palloncino e un coniglio di pezza che svolazzano qua e là, manichini che si animano. Si aggiunga che, in linea con una concezione dell’horror radicata nella cultura orientale e tipica già dei film che hanno reso celebre Takashi Shimizu (la saga di Ju-On del 2002 e il remake americano The Grudge del 2004), il racconto ha una sua logica soltanto a tratti e i singoli eventi paranormali si basano per lo più sull’evocazione nonsense, per cui non ci si preoccupa di darne una spiegazione, anche solo simbolica. Lo stesso gusto per l’inverosimile si estende all’interpretazione degli attori, talmente innaturale, in bilico tra l’espressività esasperata e l’assoluta freddezza, da risultare ridicola.,Torniamo alla trama. Date le premesse piuttosto noiose, perché viste e straviste (l’esempio più banale è la bambina vendicativa di The Ring, peraltro vestita uguale alla protagonista di questo film), si poteva sperare in un impiego efficace dell’ambiente in cui sono avvenute le riprese, il suggestivo “ospedale infestato” più grande del mondo, che si trova presso un enorme parco di divertimenti situato ai piedi del monte Fuji: i moltissimi potenziali elementi di terrore sono invece sfruttati male, forse perché ci viene mostrato tutto subito, senza quella calcolata economia che dovrebbe costituire il principio fondante di un horror del genere, e che è in grado di rendere spaventosa anche solo una stanza (si pensi a 1408, di Mikael Hafström). Lo stesso discorso vale per il 3D, effetto inevitabilmente legato alla spettacolarità e che pertanto proprio nel cinema dell’orrore potrebbe trovare il suo spazio ideale, come si è visto in passato (San Valentino di sangue, di Patrick Lussier): qui, si limita ad avvicinare qualche mano tesa e delle gocce di pioggia, nonché il già citato coniglio volante. Peccato. ,Maria Triberti,