Storia d'amore dai tanti spunti interessanti ma molto controversa nell'assunto iniziale e in molti momenti scabrosi. Nel prologo si racconta – attraverso la voce di uno speaker televisivo – la vicenda sfortunata di Mark O'Brien, paralizzato sin da bambino dalla poliomelite che gli permette di parlare, di muovere il collo e di avere sensibilità su tutto il corpo che però è completamente bloccato. Mark, che commenta spesso le vicende che gli capitano attraverso una voce fuori campo, è un uomo che non sembra essere stato sconfitto dall'infermità, anzi. Riesce a laurearsi, sfoggia una notevole ironia e soprattutto diventa giornalista e poeta. Ce lo presenta così il regista (e anche sceneggiatore da un articolo del vero O'Brien) Ben Lewin, come un uomo che, nei limiti del possibile, cerca una vita sociale e ha dei desideri. Il più grande di tutti è quello di perdere la verginità, problema spinoso per la disabilità e anche per l'educazione cattolica ricevuta dal nostro. ,Film a due facce: la prima parte sembra una commedia dell'assurdo, la seconda è in pratica un melodramma solo apparentemente leggero. O'Brien (interpretato da uno straordinario John Hawkes) che vive per gran parte della giornata in un polmone d'acciaio e scrive battendo con una penna i tasti di una macchina da scrivere commenta tra il sarcastico e l'ironico ciò che gli succede intorno, dai modi bruschi di una delle sue “assistenti” come le chiama lui al rapporto con Dio e la fede. Poi la svolta: il desiderio impellente di avere una vita sessuale da una parte e dall'altra il rapporto significativo con un prete cattolico a cui confessa questo desiderio e che lo aiuta nel far chiarezza soprattutto quando nella vita di Mark entrerà Cheryl, terapista del sesso che lo guiderà nella tecnica sessuale. Lewin, per buona parte del film, pur utilizzando il filtro dell'ironia, non tralascia i particolari di questo incontro tra il protagonista e il sesso. Le sedute con la Hunt, che si spoglia abbondantemente, sono almeno a parole raccontate nei particolari più dettagliati e lo spettatore assiste un po' imbarazzato alla vicenda; un po' come il povero William H. Macy, che nei panni del prete ogni giorno si sente raccontare tutte le posizioni sperimentate con più o meno successo. Poi, con grande sorpresa, anche per una caratterizzazione non banale dei personaggi principali – Cheryl, Mark e la sua nuova assistente Vera – il film vira su un registro ben diverso, sentimentale, più serio e delicato al tempo stesso. Succede infatti che dalla mera tecnica e da parole come orgasmo, cunnilinguus, eiaculazione e quant'altro si passi al desiderio di un rapporto vero e più compiuto con Cheryl, la cui vita, nelle poche ma significative sequenze che le dedica Lewin, è vuota, priva di affetti e forse anche di senso. Dal sesso al senso, quindi, per dirla con uno slogan un po' banale ma efficace. E il senso passa – è l'aspetto più interessante del film – attraverso un desiderio, vero, onesto, normale e completo di Mark di vivere una vita più piena anche grazie alla vicinanza di una donna, all'inizio semplice surrogato e poi, come registra Cheryl che cerca disperatamente di conservare una certa distanza scientifica dal paziente, una donna multifunzione: amante, compagna, amica, madre. Ricco di spunti ma anche di ambiguità (su tutte la differenza non molto chiara tra prostituta e terapista del sesso), il film riesce a raccontare più che il tabù del sesso nei disabili, l'amore come orizzonte ultimo di conoscenza dell'altro ma anche della realtà intera. Ed è un amore in cui gioca una parte importante la fede (attenzione all'evoluzione del rapporto tra il prete e Mark) e lo sguardo mai cinico di quest'uomo sulla sua malattia.,Simone Fortunato,

The Sessions – Gli incontri
Un uomo completamente paralizzato per la poliomelite, vorrebbe conoscere il sesso.