Film tosto, essenziale e selvaggio diretto dal regista di Animal Kingdom che parte da uno spunto di Joel Edgerton per dirigere un film apocalittico, a tratti visionario e ricco di rimandi cinematografici. Il primo è abbastanza evidente per il contesto quasi western di un'Australia deserta e inquietante in cui si svolge in pratica un continuo inseguimento. Da una parte un uomo, Eric, la barba lunga e il volto scavato dalla fame e dalla fatica. Dall'altra, una banda di disperati che gli ha rubato la macchina. In mezzo un mondo sconvolto da qualcosa che è successo ma su cui regia, sceneggiatura e interpreti dicono poco o nulla, lasciando solo intuire che il mondo è arrivato a un punto di non ritorno, le risorse energetiche sono state esaurite con conseguente sconvolgimento dello stato sociale. Siamo cioè dalle parti di Interceptor, il grande film low budget del 1979 che fece scoprire Mel Gibson e che raccontava una vicenda analoga. Michod si conferma regista notevole: per l'ottima confezione (la fotografia plumbea di Natasha Braier rafforza il senso di claustrofobia che accompagna la visione) e per l'ottima interpretazione di un cast in cui brilla il carisma di Guy Pearce ma non sfigura nemmeno Robert Pattinson, in un ruolo tormentato. Ma anche e soprattutto per l'utilizzo di una colonna sonora cupa, per i lunghi silenzi e per una tensione continua e costruita davvero con poco. Un western sporco e cattivo, vicino per certe dinamiche e per il contesto post apocalittico a The Road ma più pessimista e disperato. Eric, infatti, che sembra avere come unico scopo il ritrovamento della sua auto, è un personaggio solitario, schivo e di poche parole. Soprattutto è solo, schiacciato da sensi di colpa per vicende del passato e, solo a intermittenza e quasi per inerzia più che per una volontà personale, capace di fare del bene come nel rapporto con il ragazzo che ritrova in un lago di sangue sul ciglio della strada. Sarà Rey (un irriconoscibile Robert Pattinson), un ragazzo buttato letteralmente via dalla famiglia. Ma anche questo legame, se così si può chiamare, casuale e per certi versi disinteressato tra due persone ferite nel corpo e nello spirito, porterà solo morte e sangue. ,Essenziale e cruento (alcune sequenze, come già in Animal Kingdom, sono molto forti), The Rover è un road movie che ricorda certi western di Sam Peckinpah, violenti e dominati da figure di sconfitti, che rilegge in modo intelligente il cinema del passato per interpretare le tensioni di oggi: la decadenza anche morale della società, lo sfruttamento delle risorse che diventa l'anticamera per lo sfruttamento dell'uomo, la violenza insita in ciascuno uomo.,Simone Fortunato,

The Rover
Dieci anni dopo il collasso economico globale, in un mondo selvaggio, brutale e poverissimo la vicenda di un uomo a caccia di chi gli ha rubato l'auto.