Il tiratore scelto McKenna è in Messico per una missione quando vede un’astronave aliena, sopra la quale c’è un predator, cadere al suolo. McKenna riesce ad abbattere la creatura a cui ruba l’armatura, poi si dà alla macchia in fuga dallo stesso esercito americano intenzionato ad eliminarlo in quanto testimone di un invasione aliena, McKenna durante questa fuga spedisce l’armatura aliena a casa sua in America come prova di quanto ha visto, ma questo pacco viene trovato e aperto dal figlio dodicenne e autistico del militare il quale si mette a giocarci. Il corpo dell’alieno intanto viene portato ad una base segreta per essere studiato da una esperta biologa.
Tutto questo è solo lo spunto di partenza, di una trama inizialmente piuttosto complessa e piena di variazioni, ma molto ben congegnata dallo sceneggiatore e regista Shane Black. Black è stato uno dei più grandi sceneggiatori di blockbuster d’azione nella Hollywood degli anni 80, dove ha scritto tra le altre cose il Predator originale (dove era presente anche come attore), per poi negli anni 2000 passare alla regia regalando sia alcuni gioielli come Kiss Kiss Bang Bang e Nice Guys, ma anche film più convenzionali come Iron Man 3. Black è quindi estremamente radicato in un immaginario anni 80 presente anche in questo film, soprattutto nella caratterizzazione del figlio di McKenna (interpretato benissimo dall’ormai sempre più lanciato Jacob Tremblay, unico volto noto del cast), autistico genietto dei computer che ricorda alcuni losers di Joe Dante (ad esempio i protagonisti di Explorers). Altra felice intuizione di Black è un forte registro comico nella caratterizzazione sopra le righe di alcuni personaggi (il capo dell’esercito) o di alcune situazioni, come la squadra di ex soldati pazzi in fuga dal  manicomio guidata da McKenna, veri losers che hanno scene dal dialogo serratissimo e dall’effetto comico impressionante. Inoltre, vera nota di merito che rende questo The Predator un film assolutamente godibile, è proprio la struttura narrativa della sceneggiatura, che inizia aprendo diverse storyline che ovviamente si intersecheranno assieme: questo “schema” concede un notevole coinvolgimento verso la narrazione, in cui come già detto si alternano con fluidità vari registri, dal comico al drammatico con un po’ di horror (anche se molto meno del previsto). La scrittura registica, poi, dello stesso Black asseconda in modo solido questa narrazione efficace, che perde qualche colpo solo nel finale, comunque molto americano e abbastanza canonico.
Insomma The Predator è un film non particolarmente profondo, ma estremamente godibile (anche per la durata comunque ridotta in questo mondo di film d’azione troppo gonfi come quelli Marvel), in cui – in modo nemmeno troppo velato – emerge una critica alla militarizzazione degli Stati Uniti e una predilezione per i losers , gli emarginati sociali e in generale chi è diverso.

Riccardo Copreni