Horror discreto sul piano visivo, un po' debole su quello narrativo. È un film italiano anche se non sembra. Buona produzione, effetti speciali di livello, cast di attori (quasi tutti non italiani) ben al di sopra della media di un horror nostrano e in generale tutto il comparto tecnico, dal montaggio alla fotografia al doppiaggio, spesso nota dolentissima per certo nostro cinema di genere, è su un livello più che accettabile. Una bella sorpresa: se c'è una cosa che non manca purtroppo al raro e recente horror italiano, Dario Argento compreso, è una sciatteria produttiva che si accompagna spesso a un intreccio grossolano. ,The Perfect Husband, pur non privo di molti difetti, è un film che ha almeno il merito di guardare al mercato internazionale. È spaccato letteralmente in due: una prima parte, la migliore, gotica, giocata tutta sul non detto e su atmosfere spettrali e claustrofobiche vede marito e moglie che cercano, con grande difficoltà, di riannodare un rapporto che sembra davvero giunto al capolinea. Lui (Bret Roberts) è Nicola, marito premuroso e attento e sin troppo ansioso nei confronti della moglie: forse ha qualcosa da nascondere, forse no. Lei (Gabriella Wright) è Viola, una donna problematica che, come si scoprirà nell'evolversi della narrazione, deve superare un trauma terribile. ,Il regista Lucas Pavetto parte in zona La casa di Raimi: una baita in mezzo ai boschi, due personaggi dentro che non la contano giusta e una presenza, fuori, che sembra pronta a colpire. Poi, cesura molto netta a metà narrazione e il film prende la strada, assai meno verosimile, dell'horror cruento e un po' splatter. Pavetto si fa prendere la mano a discapito della coerenza e della logica interna: spuntano fuori personaggi un po' improbabili e vi è un eccessivo accumulo di svolte e colpi di scena, non tutti tra l'altro indispensabili, che costringono il regista di origine argentina a prendersi 10 minuti finali per una spiegazione che solo a tratti è convincente. Un’opera prima con tutti i difetti dell'opera prima: una certa ingenuità di fondo, una narrazione poco equilibrata. Eppure Pavetto, più di tanti colleghi più noti, ha professionalità e, soprattutto, sa come confezionare un prodotto.,Simone Fortunato,