Recuperando gli elementi chiave della saga norrena che ha ispirato Shakespeare nella scrittura del suo Amleto, Roger Eggers (The Witch, The Lighthouse) non risparmia violenza e visioni per riportare in vita “i veri vichinghi”, guerrieri spietati del IX secolo dopo Cristo, dediti alle scorrerie e al culto di dei oscuri e crudeli. Il plot è noto: un padre ucciso, un figlio in cerca di vendetta nei confronti dello zio e in un secondo momento della madre traditrice. La variazione interviene nel contesto, un nord ostile dove il protagonista passa da erede di un regno (in realtà un villaggio fortificato a picco su una scogliera…) a guerriero sanguinario, fino a farsi schiavo pur di raggiungere l’uomo di cui si deve vendicare…che però non è più re ma signore di una fattoria nella remota Islanda, terra di pecore e vulcani.
Il cast è di primo piano, dal torreggiante Alexander Skarsgaard alla stella in ascesa Anya Taylor Joy (nei panni di una giovane slava che comunica con gli dei della terra, ma in italiano è penalizzata da un doppiaggio vergognoso…), passando per l’ormai inquietante Nicole Kidman (fa effetto immaginare i suoi ritocchi sul volto di una regina medievale…) fino a Ethan Hawke (il re ucciso), William Dafoe (un sacerdote trucidato che ricompare come teschio parlante, lo Yorik di Shakespeare) e Claes Bang (già direttore di museo in The Square e inquietante Dracula in una recente miniserie).
Peccato che l’enorme macchina messa in piedi per riportare in vita un’epoca e un modo di vivere sfuggendo dai cliché hollywoodiani (ma anche fumettistici, ricordiamo che ormai gli dei vichinghi per i più sono quelli del Thor della Marvel…) finisca per franare sotto il peso di una narrazione innaturale, in cui ad alcune sequenze oniriche e magiche di un certo fascino (ma altre, tipo quelle della valchiria, rischiano il ridicolo involontario), si alternano passaggi di racconto pieni di buchi narrativi, in cui l’effetto finale non è di rendere la solennità tragica della cultura di un popolo arcaico, ma costruire un racconto con molti snodi irrisolti (primo tra tutti come abbia fatto il piccolo Amleth a sopravvivere dopo la sua fuga…), a tratti didascalico nel “dire” cose che vediamo accadere di lì a poco. Non mancano sequenze di grande effetto (come quando Amleth recupera la sua spada in un sepolcro), ma la solennità di certe grandi saghe fantastiche è molto lontana…
Luisa Cotta Ramosino
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