Abbiamo lasciato Johnny Depp mascherato da pirata, tra l’odore del salmastro e le onde dei Caraibi, lo ritroviamo nei panni di un guerriero Comanche, tra la polvere e i cespugli rotolanti dello sconfinato deserto texano che (siamo nel XIX secolo) si appresta a essere attraversato dalle locomotive a vapore che collegheranno le due sponde del continente americano.
Scritto da Ted Elliott e Terry Rossio (gli stessi della serie Pirati dei Caraibi, con l’aggiunta di Justin Haythe (Revolutionary Road), il film trasforma la spalla del duo, l’indiano Tonto, nel narratore della storia e, in fondo nel vero protagonista della leggenda del Ranger solitario (Arnie Hammer), impegnato a raddrizzare i torti e a smascherare i malefici piani di chi vorrebbe strappare terra e risorse alle riserve indiane, aiutato anche da personaggi insoliti come la tenutaria di un bordello, dalla gamba di avorio che si trasforma in una doppietta (Helena Bonham-Carter).
Eroe insolito questo Lone Ranger, ereditato principalmente dalla tv, e “riposizionato” per apparire più identificabile con l’americano del XXI secolo: John Reid è un uomo pacifico, vuole amministrare la giustizia con rigore nel West, dove tutti tendono a essere molto sbrigativi, ed è anche segretamente innamorato della moglie di suo fratello, un Ranger del Texas sempre impegnato in inseguimenti e sparatorie. Quando in un’imboscata un malefico bandito fa una strage uccidendo entrambi i fratelli, entra in scena Tonto (e qui la maschera di Johnny Depp con tanto di corvo copricapo è veramente strepitosa) e inizia la leggenda del Ranger solitario e del suo partner indiano.
Storia ricca di invenzioni visive ed effetti tonitruanti (vedi l’utilizzo più che reiterato dell’overture del Guglielmo Tell di Rossini), il film si schiera da subito dalla parte dei nativi americani, mostrando il lato avido e disumano dei padroni delle ferrovie e la complicità dell’esercito statunitense nei massacri (particolarmente cruenti) delle tribù. Il racconto di tutta la storia, affidato a un Tonto vecchio e avvizzito che si esibisce nei circhi di provincia agli inizi del ‘900, non è privo di una certa malinconia, che ben contrasta con le scene di azione. E che rende piacevole un film come The Lone Ranger, un western che (a dispetto della durata extra large) probabilmente piacerà anche ai giovani che non conoscono più uno dei generi più belli e ricchi della storia del cinema.
Beppe Musicco