Ultimo di molti talenti europei rubati a Hollywood anche il regista francese Michel Gondry, che in molti hanno amato per il suggestivo Se mi lasci ti cancello ma anche per il più singolare L’arte del sogno, si converte al blockbuster e lo fa in un genere, il comic (ovvero, i film tratti dai fumetti appunto i comics), che negli ultimi anni ha visto un’esponenziale moltiplicazione di pellicole. Da Gondry ci si poteva aspettare una rivisitazione del genere quantomeno stimolante e innovativa almeno nella forma. In realtà questo Calabrone Verde è molto più il figlio della penna di Seth Rogen, che è cosceneggiatore oltre che protagonista, e in passato è stato collaboratore, non solo davanti alla macchina da presa (Molto incinta, Funny people) ma anche di penna di molti film di Judd Apatow.,Alla scuola del geniale comico americano appartiene in pieno la caratterizzazione del protagonista Britt Reid, viziato e capriccioso erede di un impero editoriale che inizia a fare il supereroe un po’ per capriccio (la sua prima impresa è la segatura della testa della statua commemorativa del padre: un uomo onesto, ma anche severo e anaffettivo), un po’ perché deve trovarsi una scusa per utilizzare i molti gadget che il suo autista-tuttofare esperto di kung fu, l’asiatico Kato, inventa e sperimenta nell’immenso garage della sua magione. ,Britt, oltre che mancare di una qualunque motivazione seria per fare quello che fa, in realtà non sarebbe capace di portare a termine nemmeno una delle sue “missioni” senza l’aiuto del suo assistente. E per capire la mossa successiva deve addirittura affidarsi alle previsioni della segretaria studiosa Lenore (Cameron Diaz in un cameo grazioso ma abbastanza inutile).,La sceneggiatura, qua e là un po’ zoppicante, è piena delle battute (alcune bisogna ammetterlo anche molto divertenti) e del linguaggio da caserma tipico di Apatow e alla stessa ispirazione si deve l’ironia sul bisogno di “immagine” cui sono vittime sia gli eroi che i loro antagonisti, qui un cattivissimo mafioso russo dal nome impronunciabile che decide di darsi una rispolverata per continuare a spargere il necessario timore (inutile dire che il soprannome prescelto suona più ridicolo che serio).,Se bisogna proprio trovare un eroe positivo di questa storia, in effetti, è il povero Kato (non a caso interpretato da Bruce Lee nella serie televisiva a suo tempo tratta dal fumetto). Spesso insultato, maltrattato e messo ingiustamente da parte dal suo sciocco e capriccioso principale, con cui entra in competizione anche per le grazie della bella segretaria, il cinese resiste finché può poi si ribella rischiando pure di passare dalla parte del nemico. Se alla fine i nostri vincono questo avviene un po’ per caso e tutta la trama pare fatta apposta per mettere in discussione ogni forma di narrazione da eroe predestinato.,Il problema è che così alla fine tutto quanto si riduce ad un conflitto adolescenziale tra bande che nessuno spettatore adulto potrà prendere sul serio, come pure è assai difficile per il pubblico affezionarsi davvero a questi eroi non solo pasticcioni ma anche velleitari. Il pungiglione del calabrone, insomma, è assai spuntato.,Laura Cotta Ramosino,
The Green Hornet
Britt Reid, dopo aver ereditato dal padre un impero editoriale, si improvvisa supereroe con il nome di Calabrone Verde.