Una riflessione sul declino di Hollywood e del cinema (la pellicola si apre su sale cinematografiche desolatamente abbandonate)? Un thriller psicologico? Una riflessione spinta sul degrado dei rapporti di coppia dovuto al pansessualismo e alla dipendenza patologica dai cellulari? Un ambiguo omaggio alla decadenza fisica e psicologica di Lindsay Lohan? Quale che sia l’intento del film di Paul Schrader (sceneggiato da Bret Easton Ellis, già sceneggiatore di American Psyco), il risultato è per lo meno deludente e ondeggia tra il voyeurismo compiaciuto e la condanna morale confusa. Va detto che, non si sa se a proposito o no, c’è veramente poco di interessante nelle vite dei protagonisti, il ricco e annoiato Christian (da chiedersi se la scelta del nome non sia l’unico colpo di genio della pellicola, un ironico omaggio al protagonista del famigerato Cinquanta sfumature di grigio, che Ellis si era autocandidato a sceneggiare), la sua fidanzata sottomessa e infedele Tara, l'ex fidanzato di lei Ryan, aspirante attore, la di lui attuale fidanzata Gina e tutto il mondo che gira attorno alla produzione di un piccolo film horror di serie D. Cene a quattro in cui Christian e Tara passano il tempo al cellulare e sdottorano sul loro statuto di coppia apertissima, gli incontri tra scambisti squallidi pure sullo sfondo delle lussuose ville californiane, i giri di shopping e gli incontri inconcludenti nei centri commerciali, pedinamenti misteriosi che non portano da nessuna parte, storie di sesso spiate su social network e cellulari. Niente di tutto questo riesce mai a creare una qualche empatia da parte del pubblico nel confronto dei personaggi, solo un senso di noia e di fastidio crescente non mitigato dalla curiosità un po’ perversa nei confronti degli interpreti. Prima tra tutti Lindsay Lohan, ex piccola star dei film Disney da tempo persa tra droghe, alcool e riabilitazioni, già sfigurata nel fisico e nel viso da vizi e chirurgia, che qui sembra recitare stancamente se stessa a beneficio di un pubblico guardone. Lo stesso che potrebbe andare al cinema incuriosito dalla presenza, nel ruolo di Christian, del pornodivo James Deen. Un unico broncetto (che si vorrebbe astutamente perverso) stampato in viso e qualità attoriali pari a zero.,Inutile andare a cercare giustificazioni da capolavoro postmoderno, iperconsapevole e ironico a questa storia squallida e noiosa di vite buttate via, vendute e sprecate tra sesso, droghe e internet, che si perde nelle sue confuse intenzioni e che la buona regia di Schrader (pure se evidentemente limitata dal budget) non riesce a nobilitare.,Laura Cotta Ramosino