Horror robusto e cinefilo, senz'altro il miglior horror italiano delle ultime deludenti stagioni. Lo firma il vicentino Jonathan (o Gionata come si firmava nei primi film) Zarantonello. Classe 1979, una manciata di corti girati da ragazzino e due film scritti e diretti: l'esordio acerbo con l'horror grottesco Medley – Brandelli di scuola (2000), poco più che un filmino scolastico, e l'osceno – nel senso proprio della parola – Uncut (2003), che aveva la particolarità di essere un film girato con un unico punto di vista, la soggettiva del pene del protagonista. 10 anni più tardi, e dopo tanto studio e gavetta in America dove il ragazzo si è fatto le ossa e ha imparato il mestiere, arriva questo The Butterfly Room. Un horror low budget e piuttosto tradizionale nella vicenda (con al centro la solitudine di una donna anziana e vendicativa) ma di grande impatto scenico e, soprattutto, di grande gusto cinefilo. Per quello che è volutamente un omaggio alla grande stagione del Gotico all'italiana, Zarantonello non solo mette al centro della narrazione una splendida Barbara Steele icona dell'horror degli anni 60 da La maschera del demonio di Mario ai film di Margheriti (I lunghi capelli della morte, Amanti dell'oltretomba) a diverse collaborazioni con tanti artigiani del cinema di quel periodo (Mario Caiano, Sergio Corbucci, lo stesso Roger Corman). Un vero pezzo di cinema dimenticato che qui si mette con grande umiltà a disposizione di un piccolo film di un regista giovane ma con le idee chiare. Zarantonello confeziona una storia claustrofobica e inquietante e guarda al cinema horror di serie A e B: quello di Robert Aldrich degli scontri femminili senza scampo di Che fine ha fatto Baby Jean? ma anche delle atmosfere asfittiche e ovattate di Twin Peaks di cui rilancia pure uno dei protagonista, Ray Wise, allora memorabile nel ruolo del padre disturbato e fragile del padre di Laura Palmer. E da Lynch il giovane regista riprende anche un certo gusto nello spiazzare lo spettatore a disagio con un film anche complesso narrativamente, con una storia che procede temporalmente in due momenti differenti, ma soprattutto in difficoltà rispetto al giudizio di fronte alla carismatica e splendida Barbara Steele: aguzzina e vendicatrice, vera antieroina tragica. Terribile nel suo lato sadico e spietato, un personaggio negativo a tutto tondo è però quasi giustificata negli atti che compie da un contesto di dolore e di profonda disperazione che l'ha segnata profondamente. Il rapporto complicato con una figlia che non è stata capace di amare l'ha costretta a un isolamento totale da tutto e da tutti fino almeno all'arrivo di Alice, una bambina abbandonata a se stessa che cerca, forse, solo l'affetto di una nonna. Come non amare quella povera bambina? Come non darle tutto anche per dimenticare le tante sconfitte della vita? Zarantonello ha mestiere e talento: eccede in qualche virtuosismo come nella sequenza, sin troppo calcata, dell'omicidio in ascensore ma riesce con abilità da passare da registro tragico a quello melodrammatico dirigendo con decisione un parterre di caratteristi del cinema horror e thriller. Della Steele si è già detto: il suo carisma e il suo fascino vanno ben al di là del puro omaggio cortese a una grande e bellissima diva del passato ma accanto a lei funzionano bene in ruoli differenti le varie Heather Langenkamp (la Nancy di Nightmare), Erica Leerhsen (tra le protagoniste del reboot di Non aprite quella porta), Camille Keaton (Jennifer nel cult Non violentate Jennifer e Solange di Che cosa avete fatto a Solange?), Adrienne King protagonista di Venerdì 13 e P.J. Soles tra le interpreti di Halloween – La notte delle streghe e di Carrie – Lo sguardo di Satana. Tanti volti più o meno noti allo spettatore cinefilo che rimarrà sorpreso da un film che forse non cambierà la storia dell'horror recente ma ha una buona confezione, una certa cura scenica nei dettagli e nella caratterizzazione e soprattutto è innervato da tanto amore per il cinema alto e basso, compreso il solito Psyco (citato ma con eleganza in più di un momento) accanto a parecchi cult degli anni 70 e a moltissimi film popolari dimenticati dai più eppure importanti per la storia del cinema recente, sia per il valore intrinseco dell'opera sia per la presenza di tante intuizioni di regia o autentici pezzi di bravura di veri talenti come Margheriti, Bava o Corbucci.,Simone Fortunato

The Butterfly Room – La stanza delle farfalle
Una donna anziana vive un rapporto morboso con la giovane figlioletta di una vicina di casa.,