Il cavaliere oscuro è tornato e, incredibilmente, ha ancora qualcosa di nuovo da dire. Dopo il pop allucinato di Burton, la spettacolare e ineguagliabile trilogia di Nolan e numerose serie animate, l’annuncio di un reboot sul cavaliere mascherato di Gotham prodotto in casa Warner Bros. aveva scaturito non poche perplessità; e visto che la cinematografia comics non sempre brilla per originalità, i dubbi mossi all’enorme produzione americana (200 milioni di dollari) potevano avere una loro ratio.

Ma se la psichedelia fumettistica di Burton ci aveva fatti immergere nel mood della storia creata da Bob Kane e l’introspezione psicologica del Cavaliere Oscuro di Nolan era riuscita a farci esplorare in profondità i caratteri di eroi e villain, in The Batman il regista Matt Reeves decide – astutamente – di giocare con citazioni, musiche, colori e atmosfere mutuate dai suoi predecessori, concedendosi addirittura qualche incursione nell’immaginario della recente trilogia di videogame Batman: Arkham, cofanetto – non a caso distribuito da Warner Bros Interactive – immancabile sulla mensola dei veri nerd del pipistrello. Da lì vengono infatti alcuni espedienti su trucco e parrucco degli scagnozzi che Batman deve atterrare periodicamente durante il racconto, così come evidenti sono numerose citazioni sulla messa in scena di situazioni narrative molto simili a quelle del videogame prodotto dalla Rocksteady Studios.

Ma non finisce qui. Perché nella più che pignola rielaborazione delle fonti messa in atto da Reeves, il citazionismo si espande all’intero universo batmaniano e, si potrebbe dire, alla complessiva cinematografia post anni 70: messa in saccoccia la lezione di Todd Phillips in Joker, il regista americano compie uno sforzo immane nella costruzione di atmosfere e colori di una Gotham sempre più marcia – moralmente e urbanisticamente – e sempre più oscura, esattamente come il cielo nero e colmo di pioggia che domina per l’intera durata della pellicola. Ma Gotham City è un po’ anche la New York di Taxi Driver, così come i protagonisti, Batman su tutti, sono tormentati da inquietudini, squilibri psichici e disagi sociali capaci di creare dei veri serial killer alla David Fincher.

Sulla razionalità del male e sul crollo definitivo dell’integrità morale dell’eroe-antieroe si gioca, infatti, l’intera partita di questo The Batman, che vede un Robert Pattinson più dark che mai aggirarsi per le strade in preda a una smania di risposte e di soluzioni sempre un passo oltre la propria comprensione; per raggiungere una sua compiutezza, tale viaggio infernale (nero, giallo e arancione dominano infatti la palette fotografica) non può che approdare – o ritornare – al confronto con il fantasma più minaccioso di tutti: il passato. La messa in discussione dell’infanzia immacolata del buon Bruce Wayne è infatti la vera carta vincente dell’opera di Reeves, che punta tutto su quest’unica mano originale per rinnovare l’icona del pipistrello, rendendolo più quotidiano, umano e fallibile di quanto non lo sia mai stato. A dargli un piccolo aiutino in questa impresa un Enigmista più matto che mai ed eccelsamente interpretato da Paul Dano, attore in grande ascesa capace di costruire, grazie anche a un sapiente lavoro di scrittura, un cattivo inquietante come pochi: nella sua stranissima maschera a gas l’Enigmista è serial killer, agitatore sociale, terrorista, vittima e carnefice in un contesto sociale – e, anche qui, Joker docet – che si bea di distruggere e ignorare i più deboli, fino a instillare in loro un male luciferino e rigurgitante.

Difficile a credersi, ancora più incredibile a dirsi: il reboot di Matt Reeves sbaraglia tutti i pronostici e supera ogni aspettativa, senza dimenticarsi di prometterci ancora grandi cose per l’immancabile – e si spera altrettanto sorprendente – sequel.

Letizia Cilea