Iron-Man è morto e, quel che è peggio, ora tutti sanno – anche perché Jonah Jameson (J.K.Simmons) lo spara da ogni megaschermo e televisore della città – che dietro il costume dell’Uomo Ragno si cela Peter Parker (Tom Holland), un ragazzino schivo che abita con la zia May (Marisa Tomei, che a sessant’anni è affascinante come quando interpretava Mona Lisa Vito in Mio cugino Vincenzo).
Per cercare di salvare la situazione, Peter si rivolge all’unico che ha il potere di far dimenticare a tutti queste informazioni, il Dr. Strange (Benedict Cumberbatch). Ma l’incantesimo è difficile e molto rischioso, Peter non è sicuro di quel che realmente vuole e questo genera un guaio di dimensioni cosmiche: si aprono le porte del Multiverso e, da universi paralleli, arrivano vecchi nemici che cercano vendetta.
Si è già detto e scritto molto su Spider-Man No Way Home per cui, anche non volendo spoilerare, possiamo dire alcune cose. Tom Holland è il migliore dei tre Spider-Man finora apparsi sul grande schermo, perché la sua natura da bravo ragazzo imbranato è sempre stata la sua arma più efficace, ancor più delle sue caratteristiche da super aracnide in grado di sparare ragnatele e balzare da un grattacielo all’altro. Peter Parker è sempre stato amabile, con ragazze amabili come Kirsten Dunst o Emma Stone, ma a Holland tutto questo riesce ancora meglio che al Tobey Maguire della prima serie o all’Andrew Garfield della seconda (e decisamente inferiore) release. Ora è il turno della adorabile MJ, interpretata da Zendaya, che già quest’anno ha fatto coppia con un altro eroe poco più che adolescente in Dune. Zendaya svolge egregiamente il suo compito di esprimere una certa tenerezza attraverso ammiccamenti, dialoghi leggeri e una prossimità esente da promiscuità, un’intimità ancora da amor platonico (e quindi pensata per un pubblico giovanissimo). Come hanno fatto notare alcuni critici americani, le scene di split screen nelle quali i due sono al telefono ricordano non a caso le caste commedie anni 50 con Doris Day e Rock Hudson.
Ma, ovviamente, oltre alla storia di cuore c’è molto di più, anche perché bisogna riempire due ore e mezza di film e allora bisogna tirar fuori il meglio del cast: Alfred Molina come Dottor Octopus, Willem Dafoe come il Green Goblin, Jamie Foxx come Electro, Thomas Haden Church come Sandman e Rhys Ifans come Lizard.
Tutti questi super cattivi, complice l’incantesimo fallato del Dr. Strange, partecipano attivamente alle scene più dinamiche e tipiche di un film di super eroi; ma – diamo a Cesare quel che è di Cesare – il lavoro degli sceneggiatori Chris McKenna ed Erik Sommers e del regista Jon Watts riesce a dare un bel respiro alla viecnda, grazie anche agli intermezzi ben gestiti dal protagonista e dal suo amico Ned (Jacob Batalon) che rafforzano l’idea di un Peter Parker che si affida all’amicizia almeno quanto ai super poteri.
Ovviamente dagli altri universi paralleli non arriveranno solo i vecchi nemici, ma anche un aiuto inaspettato che farà fare “oooh” a molti presenti in sala (e non ha senso aspettare di vederlo tra qualche mese sul piccolo schermo dove l’effetto – ve lo assicuro – non è per niente lo stesso). E questi aiuti sapranno bene come agire e dare una vera mano a Spider-Man, suggerendo anche una possibilità di redenzione per i cattivi tutt’altro che banale.
Spider –Man ormai è sulle scene da sessant’anni, ma se è ancora il più amato personaggio dell’universo Marvel probabilmente una ragione c’è, e questo film lo conferma appieno.
Beppe Musicco
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