Quando arrivò nelle sale Spider-Man: un nuovo universo nel 2018, il concetto di multiverso introdotto dal Marvel Cinematic Universe (MCU) era già ampiamente accettato nella cultura mainstream. È stato un punto importante della trama nella maggior parte dei recenti film Marvel, ma ha anche svolto un ruolo cruciale in Everything Everywhere All at Once, vincitore dell’Oscar come miglior film 2023. Ma se la novità di un’ambientazione multiverso ha perso gran parte della sua attrattiva originale negli ultimi tempi, arriva ora Spider-Man: Across the Spider-Verse con i suoi colori sgargianti, i differenti stili di animazione che convivono nelle stesse scene e un’ipercinesi costante a costruire un solidissimo background alla narrazione e all’estetica. Dilatato su ben sei universi alternativi, ciascuno con il proprio stile di animazione ben distinto, il film diretto da Joaquim Dos Santos, Kemp Powers Justin K. Thompson prende i già sbalorditivi risultati visivi del suo predecessore per superarli ancora. L’universo fluido e intriso di acquarello della protagonista Spider-Woman/Gwen Stacy alla fine lascia il posto alle inflessioni della pop art stile anni 50 del mondo del protagonista Spider-Man/Miles Morales, che trova il tempo per andare e tornare dal caos di Mumbattan (una sovraffollata metropoli che somma Mumbai e Manhattan) e una Londra futuristica, dove la coppia fa squadra col narcisista indiano Spider-Man Pavitr Prabhakar e il punk nichilista e armato di chitarra Hobie, che sembra appena uscito dalla copertina di un disco dei Sex Pistols.

Altrove, altri personaggi prendono vita come disegni a matita, alcuni in stile anime e altri addirittura in live action. Questi stili disparati, che spesso si mescolano nella stessa inquadratura, sono ulteriormente ravvivati da sfondi meticolosamente dettagliati, vorticose forme surrealistiche e testi sullo schermo che conferiscono al film un’energia in continuo crescendo, e che rispecchia anche i flussi e riflussi emotivi dei suoi protagonisti principali. Ma, nonostante tutte le sequenze di inseguimenti senza fiato del film e le arditissime soluzioni estetiche, dai rapidi tagli e schermi divisi ai suoi vari riferimenti all’inquadratura dei fumetti, Across the Universe non smarrisce il suo fattore umano. La storia d’amore tra Miles e Gwen gioca un ruolo centrale, così come le loro lotte individuali che emergono dal dover nascondere continuamente le loro identità di supereroi ai loro genitori, amorevoli ma anche iperprotettivi. Queste sequenze infondono al film tenerezza e cuore, servendo anche come momenti di respiro tanto necessari tra le loro battaglie saltuarie e intermittenti con Macchia, un essere tutto bianco pieno di macchie nere come l’inchiostro che funzionano come portali che gli consentono di prendere a pugni e calci gli avversari in modi inaspettati, ma anche raddoppiarli a proprio piacimento come punti di salto per viaggi interdimensionali.

La crescita del potere di Macchia, derivante dal suo rancore nei confronti di Miles, che ha causato l’esplosione che inizialmente lo ha lasciato in questo stato, non si discosta molto dal tipico modello di cattivo dei fumetti. Ma i registi complicano le cose, aggiungendo sottili sfumature morali, introducendo un gruppo di vigilanti di Spider-Men e Spider-Women che, con l’aiuto di Gwen, stanno cercando di impedire che i vari universi possano fondersi e implodere. È una svolta interessante, che alla fine parla del desiderio di entrambi i film di Spider-Verse di liberarsi dalle richieste ora soffocanti dell’interconnettività in continua crescita, funzionando come creazioni completamente autonome che non sono legate agli eventi di una dozzina altri film. In effetti, quando Miguel e Jessica chiamano Miles “l’anomalia originale”, sottolineando che è stato morso da un ragno di una dimensione diversa e quindi non è mai stato “destinato” a essere Spider-Man, anche lui rifiuta quelle limitazioni costrittive che vorrebbero imporgli quel che può e non può fare.

Potremmo quindi ipotizzare che la ribellione di Miles sia quindi estesa al film? Entrambi abbandonano tutte le restrizioni che trattengono i loro contemporanei (personaggi dei fumetti nel caso di Miles, film nel secondo). In tal modo, Across the Spider-Verse dimostra l’eccezione alla regola dei rendimenti in calo delle uscite live-action della Marvel. Riesce invece ad abbinare felicemente la sperimentazione stilistica con una narrativa a più livelli di uguale ambizione.

Beppe Musicco

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