David Mamet, prima di essere un bravo regista, è un ottimo scrittore, sceneggiatore e drammaturgo. Chi lo conosce bene e ha apprezzato i suoi film del passato lo sa. Del resto, da un autore che ha saputo vincere un premio Pulitzer per il miglior testo teatrale (per “Glengarry Glenn Ross”, “Americani” nella versione cinematografica italiana diretta da James Foley nel 1992) è anche lecito aspettarselo. In alcune sue opere recenti abbiamo potuto constatare pienamente questo suo talento: “Il caso Winslow”, “Il colpo”, “Hollywood Vermont”, sono film ben confezionati, curati nei particolari, sempre ben interpretati, ma in tutti ciò che emerge con maggior evidenza, sono la forza, la precisione e lo spessore del copione. Anche nella sua ultima fatica, il thriller “Spartan”, si ravvisano le stesse caratteristiche. Certo, il soggetto del film non è una novità, si parte da un’idea, da uno spunto già visto e già trattato più volte (il rapimento di una persona vicina ad un’alta carica statale, il tema del complotto proveniente dai piani alti dei palazzi del Potere) ma ciò che fa ancora la differenza è, appunto, la sceneggiatura. La storia scritta da Mamet è solida, robusta, tesa, serrata, senza sbavature e incertezze. Nulla è lasciato al caso, tutto è spiegato con meticolosa precisione: in questo modo anche una trama complessa risulta fluida, avvincente e scorrevole. I dialoghi, da sempre marchio di fabbrica del regista americano, confermano il suo stile: si passa da discussioni forti e verbalmente violente ad altre più intense e profonde (in particolare quelle tra il protagonista e la ragazza rapita). Questa volta, in più, c’è anche un grande ritmo e senso dell’azione (molte volte il regista ha privilegiato una narrazione tenue, tranquilla, non troppo concitata). Altro aspetto dove Mamet si conferma ancora regista capace è la direzione degli attori: Val Kilmer è perfettamente in parte, indubbiamente in una delle sue migliori interpretazioni di sempre, Derek Luke (già visto in “Antwone Fisher”) ha un ruolo breve ma intenso, William Macy soddisfa sempre lo spettatore, anche quando interpreta ruoli a lui non molto congeniali proprio come in “Spartan”. Riguardo ai contenuti, anche se la preoccupazione del regista sembra essere quella di intrattenere con intelligenza piuttosto che quella di far discutere, meritano attenzione alcuni spunti interessanti e non così scontati sul rapporto genitori-figli e sull’importanza degli affetti famigliari (vengono prima le responsabilità dettate da una carica politica importante o le questioni famigliari? Gli interessi di una nazione possono cancellare gli affetti e i sentimenti umani?), oltre alla connotazione chiaramente politica del film, che spinge lo spettatore a riflettere sugli interessi “occulti” del Potere e sulle conseguenze che si riversano su chi decide di combatterli. Da qui un altro tema affascinante: quello dell’uomo solo, nel giusto, che a suo rischio e pericolo decide di andare contro il sistema che lo minaccia (proprio come quel soldato che da solo, contro il volere del suo popolo, accorse in aiuto al Re di Sparta Leonida alla battaglia delle Termopili: da qui il titolo del film). Ciò che resta allo spettatore è allora un impeccabile film d’azione, che pur nascendo da un’idea apparentemente banale, lascia lo spettatore soddisfatto per la sua pregevole fattura e per l’attenzione verso alcuni temi che meritano una riflessione.,Francesco Tremolada,

Spartan
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