La Sci-fi classica aggiornata con le nuove tecnologie. È questa l’idea che sta dietro a Source Code di Duncan Jones, già autore di un bell’esordio, Moon, realizzato con pochi, praticamente nulli effetti speciali ma segnato da un’ampia riflessione esistenziale. Qui si replica, con un budget più corposo alle spalle e un cast di volti noti tra cui primeggia il sempre più versatile Jake Gyllenhaal.
La storia vede come protagonista un capitano dell’esercito americano che, attraverso una sorta di macchina del tempo ovvero il Source Code del titolo, deve tornare indietro nel passato recente e in particolar modo su un treno che sta per saltare in aria per un attacco terroristico. Un po’ come Bruce Willis nello straordinario L’esercito delle 12 scimmie, il prode capitano tornerà indietro, anche se per pochi minuti, ma non potrà modificare il corso del tempo, almeno fino a un certo punto: potrà soltanto osservare i fatti nella ricerca di indizi che possano aiutare nell’identificazione dell’attentatore.
Difficile raccontare la vicenda del film di Jones, un po’ perché si rischia di dire troppo e di svelare i tanti colpi di scena che l’hitchcockiano regista articola, un po’ perché il film, come un Inception minore, gioca con le attese dello spettatore che cerca di districarsi come il protagonista tra le pieghe del tempo e tra una moltitudine di falsi indizi per venire a capo di una storia dai risvolti anche paradossali. Se si vive il passato, si può modificare il presente? E questo come inciderà sull’esistenza delle persone coinvolte? Soprattutto, che cosa è il tempo e qual è l’incidenza reale dell’uomo in esso? Sono solo alcune delle domande che molti film di fantascienza, da Ritorno al futuro a Contact, si sono posti e che in Source Code ritrovano vita. In più il regista, come anche nel suo esordio, aggiunge una riflessione sull’identità e sull’unicità dell’io, se non altro perché il capitano arriva sì sul treno ma nel corpo e nelle sembianze di un altro.
Le suggestioni della Sci-fi classica, le inquietudini di Dick, una riflessione non banale sul tempo, compresi i paradossi temporali tornati in auge grazie alla serie televisiva Lost, il tutto articolato in un contesto di film d’azione e di gran ritmo che ammicca da una parte a Speed e a una corsa contro il tempo che pare una condanna, dall’altra apre a scenari apocalittici, agitando lo spettro di un nuovo letale attacco terroristico nel cuore dell’America. Source Code è un bell’esempio di cinema d’intrattenimento colto dove alla fine non tutto torna, a partire dal finale decisamente “aperto”, ma ricco di spunti letterari e cinefili e non privo di una parola rara nel recente cinema di fantascienza, la parola speranza.
Simone Fortunato