Ci sono film che al termine della proiezione ci mettono di buon umore. Ci sono film che, appena si accendono le luci in platea, capiamo che ci hanno emozionato. Ci sono film che vale la pena andare a vedere sul grande schermo, rinunciando per una sera alle serie tv o a Netflix. Bene, Sing Street è uno di questi film. Un piccolo caso cinematografico diventato in fretta un cult movie.
Siamo nella Dublino degli anni 80. Una città in grave difficoltà economica, ben prima del boom turistico e della ripresa economica che l’avrebbero contraddistinta negli anni successivi. Il sogno di tanti irlandesi e dublinesi di quel tempo era solo uno: riuscire a fare fortuna nella vicina, e al tempo stesso lontana, Londra. In questo clima, e in una famiglia in cui i genitori stanno per divorziare, cresce il sedicenne Conor (Ferdia Walsh-Peelo, davvero molto bravo). Per ragioni economiche i genitori lo trasferiscono in una scuola superiore molto popolare, che cambierà la sua vita. Sì, perché di fronte alla scuola abita la bella Raphina che sogna di fare la modella e di scappare, anche lei, a Londra. E di cui Conor si innamora a prima vista. Ma come fare ad attirare la sua attenzione? Semplice, bisogna invitarla a fare da attrice nei videoclip che la pop band di Conor sta per realizzare. Il problema è che Conor non ha nessuna band musicale e dovrà fare di tutto, e in fretta, per crearne una…
Parte da qui il nuovo lavoro di John Carney che abbiamo conosciuto con il bellissimo Once e con Tutto può cambiare, due film in cui la musica è sempre protagonista. Qui realizza, forse, il suo film migliore. Oltre a Once viene in mente il grande film The Committments. Anche il lavoro di Alan Parker era ambientato a Dublino negli anni 80; anche lì protagonisti erano ragazzi non certo benestanti (anche se un po’ più grandi dei protagonisti di Sing Street); anche lì centrale era la musica, ma quella soul che scalda gli animi. In Sing Street a dominare è il pop degli anni 80. Non Otis Reding o Charlie Parker, quindi, come in The Commitments. Sono i Duran Duran, gli Spandau Ballet, i Cure a fare da sottofondo ai tentativi musicali di Conor. Perché la musica, magari nasce solo come pretesto per conquistare una ragazza, però poi diventa un gioco serio attraverso il quale Conor, e i suoi amici, crescono. Non è questione di etichette. A chi gli chiede che genere musicale suonino, Conor risponde: «Io sono un futurista». Ma con la musica ci sa fare, ha del vero talento che non immaginava neanche di avere.
Ma Sing Street è anche un film di crescita e di formazione, di sentimenti e primi amori. E del bisogno di tutti di avere un faro e dei punti di riferimento che Conor trova in Brandon, suo fratello maggiore. Forse uno sconfitto, uno di quelli che avrebbe voluto andare a Londra e non ce l’ha fatta, ma che fa il tifo per Conor (è lui il suo “spacciatore” di musica) e che farà di tutto perché i suoi sogni si avverino. Perché il successo di Conor sarà anche il suo. Una grande storia, per un grande film…
Stefano Radice