Jack Torrance, in cerca di un posto tranquillo dove poter scrivere il suo romanzo, si trasferisce con la moglie Wendy e il figlio Danny presso l’Overlook Hotel, un albergo isolato tra le montagne in cui Jack dovrà svolgere il lavoro di guardiano nella stagione invernale. Mentre il figlio, che ha il dono della “luccicanza” e poteri extra-sensoriali, è preda di strane e inquietanti visioni, l’uomo sembra diventare progressivamente sempre più nervoso e violento, tanto da arrivare a costituire una pericolosa minaccia per la sua stessa famiglia.

Undicesimo lungometraggio diretto da Stanley Kubrick, Shining rappresenta l’incursione del celebre regista nel genere horror. Kubrick adatta per il grande schermo il romanzo omonimo di Stephen King e nonostante lo scrittore abbia ribadito più volte nel corso degli anni di non avere mai apprezzato questo adattamento, il film aggiunge un altro tassello all’incredibile filmografia di un regista veramente unico nel suo genere. Kubrick prende il genere horror e, come già accaduto con altri generi nei film precedenti, lo rivolta come un calzino per tirarne fuori l’essenza e insieme qualcosa che non si era mai visto prima. Orchestra con precisione millimetrica e grazia compositiva ogni inquadratura creando un’atmosfera inquietante, claustrofobica e tesa per tutto il film. Molte scene di Shining rimangono così impresse indelebilmente nella mente dello spettatore, dallo scorrazzare del piccolo Danny in triciclo per i labirintici corridoi dell’hotel all’apparizione terrificante degli spettri delle due gemelline, fino all’attacco con ascia di un invasato Jack (Jack Nicholson) alla porta del bagno in cui si è rintanata una tremante Wendy (Shelley Duvall). E se alla perfezione registica di Kubrick ci eravamo ormai abituati, un grandissimo valore aggiunto al film lo regala Jack Nicholson nell’interpretazione assolutamente allucinata e allucinante di un uomo non solo vittima di una forza misteriosa e oscura, ma in preda soprattutto alle proprie devastanti ossessioni, la cui furia omicida – ed è la parte più terrificante della pellicola – si sfoga in maniera incontrollata contro i membri del suo nucleo familiare. Davvero memorabile il finale, con una “carrellata” che termina su una foto: chi l’ha vista, non potrà certo dimenticarla.

Maria Elena Vagni