Idea carina, usata male e rovinata da una pessima sceneggiatura e da una regia incapace di gestire al meglio i fondamentali del genere: sangue, tensione e paura. L'idea, molto banale ed efficace, è quella di combinare il classico shark movie con il disaster movie: il mix perfetto è dato da un violentissimo tsunami di discreto impatto visivo anche per l'ausilio del 3D. Ci si trova così immersi sott'acqua: da un lato un gruppo di sopravvissuti cerca di uscire dal supermercato per cercare aiuto e soprattutto per sfuggire alle fauci di un enorme squalo; pochi metri più sotto, tre ragazzi hanno gli stessi problemi intrappolati nel parcheggio sotterraneo del supermercato. Due di loro sono addirittura bloccati in un'auto sommersa dall'acqua. Ce la faranno? Il film di Russell Kimble, veterano di tanti film d'azione (è stato regista in seconda per 2 episodi di Matrix, per Killer Elite e Ghost Rider) e prodotto tra gli altri dal Russell Mulcahy di Highlander è poverissimo per messinscena, scrittura e ed effetti. Non si può e non si deve chiedere troppo a un film di squali: il minimo sindacale però sì, e cioè una cura nella confezione e qualche discreto momento di tensione (o momento comico, come nel divertito Piranha 3D). Invece in Shark (il titolo originale è però Bait), i 6 sceneggiatori coinvolti, tra cui lo stesso Mulcahy, hanno partorito una vicenda trita e ritrita, zeppa di luoghi comuni e svolte strautilizzate su cui gli effetti non proprio strabilianti dello squalo riescono a metterci una pezza. Prologo tipico del genere e vagamente ispirato a Lo squalo di Spielberg: su una spiaggia australiana c'è il fuggi fuggi generale. Uno squalo semina il panico e miete vittime. Rimane sconvolto Josh (lo Xavier Samuel protagonista di Tre uomini e una pecora), bagnino che non è riuscito a salvare i bagnanti. Un anno dopo lo ritroviamo in un supermercato mentre sta sventando una rapina poco prima che lo tsunami si porti via rapinatori, soldi e cassiere. Non sempre giocando sull'accumulo di situazioni di tensione si riesce a far saltare sulla poltrona gli spettatori: Shark ha questo grande limite, che non riesce mai a sorprendere lo spettatore prendendo sempre strade di scrittura ovvie. Si veda la caratterizzazione dei personaggi del supermercato e anche l'uscita di scena dei malcapitati, una più abusata dell'altra. In più il film di Kimble ha il torto di prendersi troppo sul serio, eccezion fatta per l'ultima scena scopiazzata però da tanti film del genere, Piranha 3D buon ultimo: il film manca di ironia, le citazioni che di solito fioccano in operazioni di questo tipo sono assenti. Infine, il sangue e gli effetti sono sotto il livello di guardia. Il film è mediamente cruento sempre relativamente a titoli del genere e anche le sequenze più forti sono poca cosa, almeno per gli amanti del genere. L'azione e gli effetti sono mediocri: in particolar modo le riprese subacquee, in realtà semplici effetti digitali, sono inadeguate e molto confuse; lo squalo è piuttosto realistico – e richiama tanto quello di Spielberg – ma, anche per il budget minimo del film, il mostro non occupa sempre la scena. L'impressione è quella di una confezione di serie B: tutto è molto al risparmio. Si abusa del digitale specie nella scena finale; il 3D è uno specchietto per le allodole; gli attori sono tutti di terza o quarta fascia; le scenografie evidentemente di riciclo. E forse l'immagine che meglio sintetizza il film è proprio quella del supermarket squallido in cui è ambientato. Un povero discount e non certo un centro commerciale, in cui si trovano sottomarche, prodotti certo economici ma anche imitazioni mediocri dei prodotti più venduti e decisamente migliori. ,Simone Fortunato