Baker Dill (Matthew McConaughey) porta in giro con la sua barca i ricchi annoiati che vogliono provare l’ebbrezza della pesca d’altura nei dintorni dell’isola caraibica di Serenity. Ma più che a far prendere i pesci ai propri clienti, Baker è ossessionato da un tonno gigantesco che gli sfugge da tempo, come un Moby Dick per il capitano Achab. Ovvio che i clienti cui Dill strappa la canna di mano si sentano truffati, così che alla fine il pescatore ha anche difficoltà a comprare la benzina per tornare in mare. La storia, che potrebbe richiamare la vicenda narrata da Hemingway ne Il vecchio e il mare ha una non tanto inaspettata svolta quando sul molo compare Karen (Anne Hathaway), ex moglie del protagonista.

Tolto che in un posto dove tutti girano scalzi con camicie sdrucite, la Hathaway sembra ancora sul set de Il diavolo veste Prada, possiamo prendere per buono anche il suo aspetto da “femme fatale”, in quanto foriero di sviluppi interessanti. La donna, si è risposata con un uomo violento e beone (un bravissimo Jason Clarke, che meriterebbe anche più spazio), e chiede all’ex marito di portarlo in mare ed ucciderlo. Lei erediterà le ricchezze e Dill potrà rivedere il figlio dopo anni di separazione. A questo punto il film prende un tono da film noir, con scene girate in notturna, mistero, pioggia e incontri furtivi che sembrano promettere allo spettatore risvolti lynchiani, anche per l’insistita ricerca di Dill da parte di un venditore di attrezzature da pesca che arriva sempre un istante dopo che il protagonista se n’è appena andato. Che vorrà dire? Purtroppo, che il film sta virando verso una deriva parapsicologica (che non stiamo a esporre), ma che vorrebbe forzatamente portarci dalle parti del genere Truman Show, ma con risultati decisamente frustranti.

Purtroppo ci eravamo abituati a un McConaughey che, dopo tante commediole, aveva mostrato ben altre doti oltre gli addominali scolpiti (vedi  la bella serie tv True Detective, o titoli come Dallas Buyer Club, The Wolf of Wall Street o Mud). In Serenity purtroppo siamo tornati alle magliette bagnate che devono bilanciare una storia che precipita rapidamente nell’inverosimile di scarsa qualità. Peccato, perché Steven Knight ha diretto con ben altri esiti Locke, un film cui bastavano una persona e un telefono per rendere avvincente una storia; qui, con un cast tra i quali si trovano anche attori di spessore come Diane Lane e Djimon Hounsou, il risultato è decisamente inferiore.

Beppe Musicco