Mamma single con tre figli, ormai grandi, Heloise va in crisi quando la figlia più piccola, la 17enne Jade, decide di proseguire gli studi in Canada. Per alleggerire la tristezza futura, inizia a riprendere con il cellulare immagini e video della figlia, in ogni momento (anche inopportuno) per avere suoi ricordi quando partirà. È ancora piacente, e infatti ogni tanto piace a qualche compagno occasionale, la mamma Heloise. Separata da 12 anni da un marito traditore e menefreghista, che ora recalcitra a pagarle gli alimenti, rimane spiazzata dalla decisione della figlia anche se formalmente l’appoggia. E mentre gli altri due figli maggiori sono già autonomi (uno gestisce un ristorante con lei), ora la sua casa sta per svuotarsi definitivamente. Intanto vediamo in flashback continui momenti dell’infanzia dei figli che coincidono con l’abbandonarsi nostalgicamente ai ricordi da parte della donna: quando erano piccoli, le sue continue e soffocanti attenzioni – anche sostitutive dell’abbandono del marito – erano piacevoli e affettuose per i figli, che però da grandi si sentono talvolta a disagio, pur nell’affetto reciproco con la madre. Che si sente sempre in colpa ma non l’ammette (non avrebbe dovuto perdonarlo il marito, le dice una figlia? Senza contare quando li lasciava soli per ore, di notte, durante le sue avventure), è triste ma combatte la tristezza con il suo vitalismo e ha sbalzi d’umore frequenti.
Se la soluzione dei video da riprendere sembra un po’ appiccicata, non sono più originali altre situazioni del film diretto da Lisa Azuelos (LOL, Dalida) già viste mille volte, dalle chiacchierate tra donne sole (che reagiscono in modi diversi, dalla depressione alla caccia aggressiva ai giovani maschi); e il fatto che la storia ricalchi quella della regista e di sua figlia (proprio Thaïs Alessandrin, che in pratica mette in scena sé stessa, peraltro bene) non cambia molto il nostro giudizio. Si è infatti a lungo irritati davanti a Selfie di famiglia (il titolo originale era Mon bébé), tra tic d’autore («non puoi essere francese se non conosci Godard?») e scene infelici (i figli piccoli che parlano di stupri e pedofili). Heloise è un personaggio con cui fatichiamo a empatizzare, per le sue continue manifestazioni di scarsa responsabilità materna (soprattutto quando i figli erano piccoli), anche se è evidente il suo affetto smisurato (e non è un bene, l’assenza di misura). La brillante Sandrine Kiberlain ce la mette tutta, alcune situazioni dovrebbero farci conoscere il personaggio (che mente spesso, se le serve a qualcosa) ma il sorriso è sempre frenato, mentre il ritmo non è particolarmente guizzante. Man mano i tentativi di farci intenerire – da una scena con i bimbi che si separano da lei in aeroporto agli abbracci collettivi finali – fanno in parte breccia, ma con la strana sensazione che non ne valga la pena. Gli attori però sono tutti apprezzabili, soprattutto in lingua originale.
Luigi De Giorgio