Per Tommaso e Carla – genitori ricchi, progressisti e disillusi – è fonte di inquietudine il comportamento strano di Andrea, il figlio minore: sarà forse omosessuale? Cosa importa, è sempre amore, si dicono quasi per autoconvincersi in attesa di un incontro rivelatore. Che però sarà uno choc ancora maggiore: cari mamma e papà, entro in seminario, voglio diventare prete. Soprattutto per il padre, cardiochirurgo ateo e convinto di essere lui il “padreterno” che salva le vite dei suoi pazienti, è inaccettabile avere in famiglia un figlio che invece che seguire le sue orme diventa un esponente della Chiesa cattolica, l’istituzione più “retrograda e conservatrice”… E quando individua in don Pietro, sacerdote affascinante che conquista i giovani, colui che ha scatenato la vocazione del ragazzo, farà di tutto per screditarlo ai suoi occhi per cercare di fargli cambiare idea.
Davvero curiosa, e coraggiosa, l’idea del regista esordiente Edoardo Falcone, già collaboratore nella scrittura di sceneggiature altrui (molto interessante era in particolare Ti ricordi di me? , diretto da Rolando Ravello), spesso con spunti interessanti. In Se Dio vuole l’originalità è l’inserimento di un tema serio, e certo non alla moda come il “problema di Dio”, in una commedia inizialmente molto semplice, anche se decisamente divertente. Nella prima parte, infatti, prevalgono battute, gag, macchiette seppur esilaranti (soprattutto nei personaggi laterali, come la figlia Bianca o suo marito, o l’investigatore privato) e personaggi più accennati che approfonditi (lo stesso ragazzo aspirante prete, mentre il personaggio della moglie è reso vivo più dalla bravura e sensibilità di Laura Morante che dalla sua consistenza “narrativa”), allo scopo di far emergere la centralità del personaggio di Marco Giallini, nella parte del medico che esclude categoricamente la possibilità che Dio esista. Il film cambia passo e diventa ancor più divertente ma anche più interessante con l’ingresso di Alessandro Gassmann nei panni di un prete simpatico e sopra le righe (e che, ammettiamolo, all’inizio può anche lasciare perplessi): il frizzante duetto tra i due commedianti di razza regala subito scintille.
Poi Se Dio vuole svela una sua natura ulteriore, e oltre a cercare di divertire innesca una riflessione via via sempre più stringente e seria, in cui la leggerezza del confronto tra i due personaggi non viene meno ma acquista peso nella profondità di due persone che si confrontano davvero, senza difese. E quando il protagonista si apre a un’amicizia inaspettata per quel sacerdote e alla lettura di segni discreti e sorprendenti, ci troviamo avvinti da un film che non è certo un capolavoro ma che si eleva nettamente dalla media delle commedie italiane contemporanee senza peraltro abbandonare quel campo (per fortuna, il regista non indulge a inutili vezzi d’autore). Con un finale molto bello e spiazzante, che apre un orizzonte nuovo e vertiginoso a un uomo che ha visto sgretolarsi le proprie ottuse e limitate certezze. Per fare spazio magari, come canta Francesco De Gregori sui titoli di coda, a «qualcuno che è venuto e non era invitato».
Antonio Autieri