A partire dagli anni Sessanta, il “re dei musical” Stanley Donen (Cantando sotto la pioggia, 1952; Sette spose per sette fratelli, 1954; Cenerentola a Parigi, 1957) si distacca dal genere che lo ha reso famoso per esplorarne altri di vario tipo: fa centro con Sciarada, dinamico giallo dai risvolti sentimentali. Protagonista una giovane vedova parigina che, dopo l’omicidio del marito, scopre che questi in passato aveva rubato 250mila dollari, ora spariti nel nulla, ed è braccata da tre individui poco raccomandabili che ne reclamano la proprietà: la donna cerca i soldi ovunque, protetta da un gentiluomo conosciuto da poco.,A ben guardare, potrebbe essere riduttivo costringere entro una categoria precisa un film che si caratterizza per i continui e repentini passaggi da un registro all’altro, dal comico al thriller, passando per la commedia rosa, con estrema leggerezza. Con la stessa facilità, la trama segue un percorso articolato e imprevedibile, ricco di colpi di scena, secondo uno schema in cui molti hanno riconosciuto un riferimento ad Hitchcock. Interprete ideale di un “rompicapo” (per l’appunto, una sciarada) del genere non poteva che essere Cary Grant, punta di diamante di un grande cast: non nuovo a parti che richiedano ripetute metamorfosi (Intrigo Internazionale, 1959), impersona il gentiluomo la cui vera identità è messa in dubbio fino alla fine. Al suo fianco Audrey Hepburn che, a 33 anni, dopo Colazione da Tiffany (1961), si confronta nuovamente con una parte più complessa rispetto ad altre affrontate in passato. In una delle sequenze più teatrali del film, quella del funerale, James Coburn, George Kennedy e il caratterista Ned Glass fanno un’entrata in scena memorabile, degna del loro ruolo di “cattivi” un po’ fumettistici. Troviamo infine un insolito Walter Matthau, che comunque, naturalmente, convince e si fa ricordare.,Quello ad Hitchcock è solo il più evidente tra i numerosi omaggi, come ad esempio la citazione di Un americano a Parigi (1951), presente in un dialogo tra la Hepburn e Grant come strizzata d’occhio del regista all’amico e collega Gene Kelly. ,Si riconosce la sensibilità del coreografo Donen nella sua capacità di orchestrare il gioco di ruolo tra gli attori/personaggi che come ballerini interpretano alternativamente la fuga e l’inseguimento, l’avvicinamento e il distacco, coadiuvati da uno spazio vivo sfruttato abilmente e per questo sempre protagonista, che solo nelle sequenze finali (ambientate al Palais Royal) si rivela per quello che in fondo è: un palcoscenico teatrale.,Maria Triberti,