Una coppia di mezza età, con tre figlie, apparentemente serena. Poi la moglie scopre l’infedeltà del marito – omaccione che fa l’operaio su ponti sospesi nel vuoto, e che la tradisce con una giovane “rossa” esuberante – e tutto va in pezzi. All’amore e al rispetto si sostituisce l’odio e il rancore violento. C’è ancora una possibilità per loro?
Quante volte il cinema ci ha raccontato questa storia? Al suo terzo film da regista, John Turturro – ottimo attore che sporadicamente si cimenta dietro la macchina da presa – sceglie una strada affatto consueta: un musical sui generis, dove i personaggi cantano per esprimere i propri sentimenti ma lo fanno naturalisticamente; spesso infatti lo fanno maluccio, si muovono sgraziatamente, le coreografie sono tutte da ridere. Ne deriva un effetto comico in prima battuta, che qua e là lascia – come sempre avviene con l’umorismo di classe – un retrogusto malinconico. Come lo è, in fondo, tutto il film che pure si rischia di fraintendere, come divertissment, come puro gioco cinematografico. Non solo per un musical “di gente normale”, ma anche – meglio mettere sull’avviso chi ha una certa sensibilità – per un linguaggio di una scurrilità pazzesca (e creativa, ammettiamolo), sia nelle canzoni che nei dialoghi normali: molto volgare per alcuni, assai divertente per altri. Ma chi arriva in fondo alla visione del film scopre un inno all’amore coniugale, che nasce dal riconoscimento del proprio male (“devo cambiare” dice l’uomo all’amante, lasciandola) e dal perdono – come nel recente e sottovalutato e toccante La tigre e la neve di Benigni – tra due persone ferite che faticano a “ricominciare”. E c’è pure una tragedia in agguato: che però riuscirà a donare un’ultima, commovente tenerezza al loro rapporto.
Antonio Autieri