Siamo a L’Avana, capitale di Cuba: cinque amici, quattro uomini e una donna, si ritrovano su una terrazza a ricordare i tempi andati, a compiangersi per l’età che avanza, a prendersi in giro affettuosamente. L’occasione è il ritorno dal volontario esilio spagnolo di uno di loro, Amadeo, scrittore promettente poi andato in crisi. Si parla tanto, si sente musica e si balla, ci si racconta aneddoti e si rievocano amori, in un clima che sembra frivolo e disimpegnato. Poi, con il passare delle ore, riaffiorano segreti, rancori, mezze verità e inconfessabili meschinità, e anche le sofferenze inflitte a un’intera generazione da un regime cubano ottuso e asfissiante, che causò paura e miseria – si fa spesso riferimento al “periodo speciale” imposto da Fidel Castro a inizio anni 90 – ma che non impedisce a qualcuno di avere ancora illusioni verso un futuro migliore e a chi scappò di desiderare, ora, di rimanere.,Si intitola Ritorno a L’Avana, ma è ancora più evocativo il titolo originale Retour a Ithaque (ovviamente in riferimento a Ulisse, l’esule per eccellenza), il nuovo film dell’eclettico regista francese Laurent Cantet (Risorse umane, A tempo pieno, La classe, Foxfire) che ha sceneggiato il film insieme allo scrittore cubano Leonardo Padura (rientrato a Cuba dopo un esilio in Spagna durato oltre quindici anni). In una Cuba che è sia sfondo contingente per la resa dei conti tra i cinque amici ma anche ambientazione di drammi più universali (con temi quali l’utopia, la delusione, la colpa, il tradimento, il sacrificio), Cantet intreccia una trama dolente, un “grande freddo” cubano in cui alcune persone si riscoprono ormai invecchiate e vinte dall’esistenza. Il personaggio chiave è quello scrittore in esilio: la sua scelta fu doppiamente dolorosa, avendo dovuto lasciare l’amata Angela morente (e avendo perso poi voglia e ispirazione per scrivere), cosa che gli rinfaccia con durezza un’amica particolarmente arrabbiata con lui. Ma tutto poggia su un mistero, che si svela forse troppo tardi.,In un film forse un po’ troppo verboso ma elegante nel gioco delle schermaglie reciproche, emergono amicizie incrinate da tensioni e sensi di colpa, in cui le note di “California Dreams” risvegliano gesti di affetto sincero ma poi non bastano a tacitare le reciproche angosce. C’è sì un atto d’accusa coraggioso verso il falso mito del regime castrista, per nulla “dolce” come da luoghi comuni propagandistici, ma anche un’ambizione più ampia in questa vicenda dal tono teatrale, con personaggi dai caratteri un po’ stereotipati ma riscattati da attori bravissimi (tra cui Jorge Perrugoria che si fece apprezzare anche in Italia negli anni 90 con i film cubani Fragole e cioccolato e Guantanamera). Prevale il senso di sconfitta e della perdita dei rispettivi talenti (oltre allo scrittore, c’è un pittore che ha smesso di dipingere e un uomo che si è fatto corrompere dal potere e dai soldi), mentre i giovani figli non capiscono gli adulti e vogliono solo andar via dall’isola. E se fa tenerezza l’ottuso desiderio dell’umile Aldo (ingegnere che si è adattato a fare lavori modesti) di credere ancora in un futuro socialmente migliore, anche se contraddetto dall’aver visto il padre morire nel dubbio di aver sbagliato nell’affidare ogni speranza a un regime dispotico, malinconia e tristezza sono incrinate da un’amicizia che comunque resiste. Forse bisognerebbe ripartire dalle parole più sagge, quelle dell’anziana madre di Aldo, che cucina per tutti e stigmatizza le continue schermaglie dei cinque amici con bonaria semplicità: «L’amicizia è quello che conta, è un privilegio».,Antonio Autieri,

Ritorno a L’Avana
Un gruppo di amici si ritrovano per festeggiare il ritorno a Cuba di un esiliato. E per fare i conti con il passato