Grande film, selvaggio e crudele, diretto con grande efficacia da Iñárritu, il regista di Birdman, il film girato con soli piani sequenza. Qui non vi è un unico piano sequenza ma il regista messicano sfoggia grande abilità e virtuosismi tecnici sin dalle prime sequenze per immergere lo spettatore in una storia e in uno scenario che paiono presi di peso dai romanzi di Jack London. Le terre vergini nordamericane fanno infatti da sfondo meraviglioso e terribile a una storia di vendetta e di vera e propria, cruentissima caccia all’uomo. Leonardo Di Caprio, alle prese con l’ennesima intensa prova d’attore, è una guida esperta al servizio di un gruppo di cacciatori di pellicce americane. Succede un incidente, gravissimo, e di lì in avanti il film prede un’altra piega, dolorosissima e persino beffarda.

Spettacolare, assai teso dal punto di vista della narrazione, Revenant colpisce gli occhi dello spettatore che, trascinato nel mezzo di una storia di sangue e di vendetta, dimenticherà qualche mezzo passo falso a livello narrativo e qualche personaggio costruito a tavolino. Riconosciamo in questo lavoro del regista di Babel più di una ispirazione: il realismo profondo di Gravity e i virtuosismi sbalorditivi della macchina da presa; la crudezza del Gibson di Apocalypto; la Natura segno del trascendente di Terrence Malick oltre all’eroismo cupo del Michael Mann de L’ultimo dei Mohicani. Iñárritu, come in tutti i suoi lavori precedenti, dal duro esordio di Amores perros fino al già citato Birdman è un regista talentuoso che fa sentire molto la sua presenza dietro la macchina da presa: non c’è movimento di macchina, effetto, scenario che non sia sottolineato perché sia percepito dallo spettatore. E questo aspetto, alla lunga, potrebbe sconfinare nel manierismo. Per il resto il film è un grande romanzo alla Jack London, dominato da scenari magnifici e da una dimensione tragica dei personaggi. Da un lato infatti vi è il personaggio di Glass interpretato da Di Caprio alle prese con una trasformazione cupa della propria personalità: la sua figura, uno dei pochi a mantenere un briciolo di umanità grazie anche al rapporto con il figlio, sarà segnata profondamente dagli eventi. Dall’altro, il suo opposto: il cupo John Fitzgerald (un’altra grandissima interpretazione di Tom Hardy), un cacciatore senza scrupoli. In mezzo tanti personaggi, appartenenti a mondi diversi (Domhnall Gleeson ufficiale dell’esercito, le tribù degli indiani, le truppe francesi) che emergono solo in alcuni momenti, che contribuiscono a rendere ancora più vivido e reale l’ambientazione e il contesto storico ma a cui manca una certa continuità narrativa.

Al di là dei difetti e di qualche incongruenza, Revenant rimane un grande film di regia e di messinscena. E basterebbero due sequenze, l’assalto iniziale e il lungo duello sul finale, a rendere il film di Iñárritu uno dei film visivamente più potenti degli ultimi anni.

Simone Fortunato