Uno scandalo si abbatte su una cittadina di provincia del Minnesota, nel momento in cui un devoto padre di famiglia viene fermato per presunto stupro ai danni di sua figlia. L’uomo appare confuso, non ricorda nulla. Il detective Bruce Kenner conduce con zelo le indagini, per quanto turbato dalle tinte sempre più cupe che man mano assume il caso: con l’aiuto dell’ipnosi, l’accusato inizia ad avere sprazzi di ricordi, e non solo ammette di aver commesso il crimine, ma fa affiorare attorno alla vicenda uno scenario più complesso, legato a rituali satanici collettivi.
Ricompare Alejandro Amenábar, a distanza di sei anni dal suo ultimo film (Agora). Non è esattamente un ritorno coi fuochi d’artificio: da una premessa vagamente interessante, la storia procede stancamente, mancando il supporto di idee forti. La narrazione sembra reggersi su un unico colpo di scena che, oltre a non essere molto originale, risolve il caso raggiungendo lo spettatore decisamente troppo presto, e dunque quasi azzerando l’interesse per ciò che segue. Forse si tratta di un goffo tentativo di replicare uno dei punti di forza di The Others (il maggiore successo del regista, cui fa riferimento anche il trailer), ma è evidente che in comune con l’ottimo horror del 2001 c’è ben poco, a partire dalla solidità strutturale (qui totalmente assente).
I due argomenti principali attorno a cui ruota la trama, ovvero l’ipnosi regressiva e il fenomeno del satanismo, sono affrontati attraverso sviluppi poco credibili, fino ad arrivare a una riflessione finale discutibile o quanto meno superficiale. Anche il cast di interpreti appare sottotono, alle prese con personaggi poco approfonditi (il protagonista su tutti). Non ci si faccia quindi troppo entusiasmare dai nomi di Ethan Hawke e Emma Watson: sono uno specchietto per le allodole.
Maria Triberti