In Reflection, il chirurgo ucraino Serhiy viene catturato dalle forze militari russe durante la guerra del 2014 nel Donbass, nell’Ucraina orientale. Mentre è prigioniero assiste a spaventose scene di umiliazione, violenza e tortura. Dopo il rilascio, tenta con fatica di tornare alla quotidianità dedicandosi a ricostruire i rapporti con la figlia e l’ex moglie.

Dopo Atlantis (2019), Valentyn Vasjanovyč nel 2021 ha dedicato un secondo film alla guerra nel Donbass ucraino: Reflection. Un film sostanzialmente diviso in due parti. Una prima in cui vediamo il protagonista Serhiy (Roman Lutskiy), prigioniero dei russi, assistere alle torture perpetrate ai danni dei soldati ucraini. Una parte in cui dominano la violenza, anche psicologica, l’umiliazione fisica e la sopraffazione. La seconda parte, invece, è il viaggio personale di Serhiy che prova a riconciliarsi con l’ex moglie – che in guerra ha perso il compagno – e con la figlia Polina. Vasjanovyč ha dichiarato di essersi ispirato a un evento capitato in casa sua; un piccione, schiantandosi sul vetro di una stanza, ha lasciato un’impronta sanguinante che ha impressionato la figlia di 10 anni che ha cominciato a rivolgergli domande sulla vita e la morte. E Polina (Nika Mysltska), personaggio sensibile e delicato, è una figura centrale del film; il suo bisogno di sentire di nuovo intorno a lei la costanza dell’affetto del padre e la ricomposizione della famiglia è uno dei temi portanti della storia. Così come fondamentale è il lento ritorno alla vita di Serhiy che passa dalla violenza, dalla visione della morte e dalla crudeltà della guerra a un tentativo di riscatto umano e sentimentale. Rispetto ad Atlantis, Reflection è forse meno lineare; ci sono molti temi affrontati e il film a tratti risulta un po’ dispersivo. La cifra stilistica del precedente lavoro rimane – lunghi piani sequenza, inquadrature in primo piano e camera fissa – ma il film, pur interessante nel suo complesso, con il passare dei minuti perde un po’ di efficacia. Presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2021.

Stefano Radice

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