Fresca di divorzio (il marito l’ha lasciata per un’altra donna), con due bambini piccoli di cui il padre vuole chiedere la custodia e un posto di lavoro come architetto piuttosto traballante, Jeanne (Audrey Dana) è in crisi, professionale ed esistenziale. La mattina dopo un violento temporale notturno, cosa di cui lei è da sempre impaurita, scopre di colpo che i suoi genitali sono diventati quelli di un uomo. La visita repentina al suo ginecologo (Cristian Clavier) conferma la singolarità della situazione e l’impossibilità a porvi subito rimedio. Prima sgomenta, poi terrorizzata, Jeanne pensa che non potrà mai abituarsi a questa situazione che la atterrisce, ma poco alla volta comincia a farci i conti. Con questo cambiamento, Jeanne comincia anche a ragionare diversamente: diventa più decisa e meno disposta a farsi mettere i piedi in testa e pur rimanendo donna comincia a capire meglio cosa provino gli uomini nei confronti del suo sesso. La nuova condizione non le impedisce neanche di avere un’infatuazione per un collega architetto (Eric Elmosnino), anch’egli divorziato con figli, anche se Jeanne non sa fino a quando potrà nascondergli il mutamento che le è capitato. Perlomeno fino al prossimo temporale…

Farsa alquanto fragile, che per esplicita dichiarazione della regista e protagonista vorrebbe rifarsi a commedie come A qualcuno piace caldo, Tootsie o What Women Want, ma che per far ridere deve affidarsi principalmente alle smorfie del navigato Christian Clavier nel ruolo del ginecologo/psicologo della protagonista. Voler cercare di unire la commedia grottesca a discorsi sul riconoscimento sociale del valore delle donne e sulla differenza dei sessi è un tentativo poco riuscito per l’autrice (già regista del poco elegante 11 donne a Parigi), rendendo poco credibili le riflessioni che vorrebbero essere serie e poco divertenti le situazioni grottesche. Clavier è una certezza, ma i livelli di Non sposate le mie figlie sono lontani.

 

Beppe Musicco