Un’altra opera del passato di Hayao Miyazaki (La città incantata, Ponyo sulla scogliera), questa datata 1992, viene proposta nelle nostre sale. Il lavoro di recupero era già iniziato lo scorso anno con Il mio vicino Totoro. Tuttavia, se per quella pellicola il ritardo era comprensibile (una favola troppo giapponese per essere apprezzata dal pubblico medio), questa volta è più facile familiarizzare con Porco Rosso. Semplicemente perché è un Porco italiano (milanese, per la precisione).

Trasformato in maiale per un incantesimo non meglio precisato, Porco Rosso è il soprannome di Marco Pagot (altro omaggio: Marco Pagot è un animatore italiano, inventore coi fratelli Nino e Toni, del draghetto Grisù), un grande aviatore dell’Italia tra le due guerre. Ribellatosi al regime fascista, fugge dalla patria con il suo aereo e diventa il protettore di tutte le genti contro i pirati del Mediterraneo. Non si pensi tuttavia ad un puro paladino della giustizia, perché Porco Rosso, è in realtà più interessato ai soldi che agli ideali nella sua nuova veste di cacciatore di taglie. Oltre che in perenne competizione con gli altri aviatori, con i quali non rinuncia, quando può, ad ingaggiare pericolosi duelli aerei. Persa un giorno la sfida contro l’americano Donald Curtis, Porco Rosso fa segretamente ritorno a Milano, dove conosce la giovane Fio Piccolo, che lo aiuta a costruire un nuovo potente idrovolante e lo segue verso il sogno di una rivincita. Tra i due nasce una profonda amicizia, grazie alla quale Porco Rosso riesce a superare un altro scoglio: l’amore mai concretizzatosi con la bella Gina, la donna più ambita di Europa. Che ha un passato doloroso (è tre volte vedova, di altrettanti mariti-aviatori) e sentimenti, discreti ma veri, per l’amico di gioventù Marco.

A metà strada tra la vicenda storica e un’Europa di fantasia dominata dal rombo degli idrovolanti, Porco Rosso è un’opera capace di coinvolgere a diversi livelli adulti e bambini. Emerge anche più evidente che in altre opere di Miyazaki un giudizio sul passato totalitaristico del vecchio mondo. Il “folle volo” di Porco Rosso segna il rifiuto dell’oppressione fascista, e il tentativo di affermare la libertà in un momento storico preciso; e fa impressione, in un cartone animato, vedere un Potere che insegue e spia (le donne dell’officina Piccolo lavorano segretamente per costruire il nuovo aereo di Porco Rosso). Un giudizio severo che coinvolge anche Hollywood, dove Curtis vorrebbe portare Gina, e dove sogna di sfondare prima di arrivare addirittura alla Casa Bianca (evidente riferimento a Ronald Reagan). La caustica ironia della donna, che rifiuta amando troppo l’Europa e l’italiano Porco Rosso, suona come una scelta di campo tra due diversi modi di concepire il cinema.

Soprattutto, questo vecchio film del maestro dell’animazione giapponese si fa ricordare per una serie di temi non proprio per bambini ma proposti con delicatezza: il senso dell’onore, i rimpianti per il passato, il dolore per gli amici scomparsi, la consapevolezza dell’umana caducità. Da ricordare, in particolare, la bellissima e commovente sequenza in cui – durante un combattimento di guerra – una miriade di aviatori finiscono il proprio volo terreno direttamente in un cielo infinito.

Infine, una curiosità: Marco Pagot – il Porco Rosso del titolo – è stato un animatore italiano, inventore coi fratelli Nino e Toni del draghetto Grisù.

Andrea Puglia

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