Adattamento dell’omonima striscia a fumetti di Marjane Satrapi, disegnatrice iraniana trapiantata in Francia, da lei stessa portata al cinema con Vincent Paronnaud, suo partner alla regia come nel precedente Persepolis. Libero dal vincolo del disegno del film precedente, Pollo alle prugne è un film dalla narrazione ricca e dai toni melodrammatici che ricalcano lo stile dei film anni 50, a volte anche con un tocco sognante alla Fellini. Il film inizia come una storia di humour nero: Nasser Alì, il violinista migliore della Persia del tempo, litiga con la moglie Faringuisse e questa per ripicca gli sfascia il violino, oggetto cui il protagonista affida totalmente vita e sentimento. Non trovando in tutto il paese uno strumento pari a quello rotto, con un gesto assurdo quanto melodrammatico Nasser decide che non vale più la pena vivere. Passati in rassegna vari modi disuicidarsi, alla fine opta per il letto di casa sua, certo che dopo una settimana l’angelo della morte verrà a portarlo via. In questi ultimi giorni che lo separano dalla dipartita, ripercorrerà la sua vita, vedrà il futuro dei suoi figli, soprattutto rivivrà l’amore per una ragazza conosciuta in gioventù,Irâne. Sempre in bilico tra sogno e realtà, il film celebra lo struggimento perciò che si è perduto. La perdita della giovinezza, del primo e vero amore e del violino, l’oggetto che simboleggia la libertà e la creatività, rimarcano dolorosamente la condizione del protagonista, cui non basta certo il conforto del pollo alle prugne preparato dalla moglie (il suo piatto preferito), per desistere dal proposito. Ma al tempo stesso la vicenda di Nasser è drammatica metafora del destino dell’autrice e degli esuli iraniani, costretti all’esilio in Francia o in altri paesi dalla dittatura oscurantista degli imam. La bellezza delle immagini, il tocco dei colori, la bravura degli interpreti (Mathieu Amalric e la bellissima Golshifteh Farahani, ma anche Chiara Mastroianni) e la fantasia delle scene mutuate dai disegni rendono Pollo alle prugne un piccolo gioiello di creatività e tecnica cinematografica, anche se non cancellano purtroppo un fondo di disperazione e sfiducia, che rende l’atmosfera del film via via sempre più opprimente.,Beppe Musicco