Uscito negli Usa a Natale con grande dovizia di mezzi (budget pubblicitario da kolossal americano, 2000 sale che lo hanno ospitato nel primo week-end), Pinocchio di Roberto Benigni ha subito un insuccesso clamoroso. Poco più di 3 milioni dollari, contro gli oltre 50 de La vita è bella tre anni fa che pure uscì con gli odiati (dagli americani) sottotitoli, mentre stavolta – forte dell’enorme successo del film che vinse poi tre Oscar e dell'ormai collaudata da celebrità dell’attore-regista toscano negli States – il film è stato doppiato (male, sembra). ,Se nelle previsioni doveva ripetere la cavalcata a suon di dollari verso l’Oscar, è ora tempo per Benigni dell’amara delusione della sconfitta: Pinocchio è stato escluso dalle nomination per il miglior film straniero (nonostante la ricca campagna pubblicitaria che lo accompagnato in America), non parliamo dalle categorie principali (miglior film, miglior regia, migliori attori). Accentuata dalla beffa delle 6 nomination ai Raspberry Awards: premio goliardico, ma sempre più considerato in America e nel mondo, che è un po’ l’anti Oscar pe ri peggiori film dell’anno. I Raspberry sono sì i lamponi (e infatti il premio è un lampone di plastica), ma in inglese vuol dire anche “pernacchia”. Insomma, Benigni è candidato a 6 Pernacchie. ,Si sono già scervellati gli opinionisti italiani e i responsabili marketing americani della Miramax (la compagnia Usa che lo distribuisce) per capire perché il film è stato un totale insuccesso: confusione degli americani, specie bambini, per un personaggio che per loro è solo un cartoon della Disney (che ne sanno di Collodi)? Un doppiaggio (cosa cui non sono, peraltro, per niente abituati) fatto particolarmente male? Lo spiazzamento per un Benigni che passa dall’Olocausto a un film allegro? ,La verità è molto più semplice. Pinocchio è un brutto film. Non tanto un film sbagliato, come generosamente si è cercato di dire in prima battuta, per buonismo (di una critica troppo “benigna” nei confronti dell’attore-regista) o forse per la troppo grande sorpresa di ritrovarsi di un fronte a un film così palesemente inferiore alle aspettative (tanto da far pensare, forse, di non averlo capito ).,Pinocchio di Benigni, non neghiamolo, ha deluso completamente queste aspettative, nonostante un impianto produttivo di prim'ordine, una scenografia molto ricca (“testamento” dello scenografo da poco scomparso, Danilo Donati), un cast di bravi attori (ma solo Kim Rossi Stuart ne è uscito bene, perfino un interprete come Carlo Giuffrè è rimasto al di sotto del suo standard).,Personalmente, ci dispiace per questo passo indietro (anche se, non dimentichiamolo, in Italia è stato un successo enorme: 60 miliardi di vecchie lire. Ma ne è costato 90… Chissà se tra Tv, home video e vendite estere chiuderà in pareggio…). Perché Benigni rischia di sprecare, in parte, la popolarità internazionale conquistata con La vita è bella. E perché dopo quel capolavoro ci attendevamo dalla sua personalissima versione del celebre racconto collodiano, non diciamo ardite metafore, ma certo ben altro spessore rispetto a quanto ne ha tirato fuori insieme al fidato co-sceneggiatore Vincenzo Cerami. Ovvero, un giocattolone per passarci una domenica pomeriggio con i bambini, unico target di riferimento, senza grandi possibilità di interessare, appassionare e tanto meno commuovere degli adulti. È vero, Pinocchio “è” una fiaba, quindi per bambini. Però, senza scomodare il cardinal Biffi, Pinocchio è qualcos’altro, e Benigni lo sa bene. Tanto da aver proclamato per mesi la forza di una storia piena di “avventura, dolore, vita, allegria, sconforto, crudeltà, eroismo, amore…”. ,Nel film, invece, tutto questo non si vede. Anzi, peggio perché si cerca di “dirlo” (peccato mortale per un film), così come troppo didascalici e “spiegati” sono i valori forti di una storia che parla di caduta e redenzione, di creazione e di morte (l’amato Lucignolo), di amore paterno e di amore filiale, di peccato e di perdono… Ne risulta una storiella esangue, limitata e limitante: un apologo buonista (con retorici e un po’ noiosi pistolotti sulla necessità di obbedire ai genitori Geppetto e Fata Turchina…), con goffo tentativo finale di proporre una lettura “ribelle”.,Forse la voglia di fare un Pinocchio che potesse piacere a tutti, anche agli americani (errore classico) spiega l’assenza di mezzi toni e sfumature, a vantaggio di gag grossolane (che fanno poco ridere), cascatone per aria, risate e pianti troppo finti. Oltretutto, da parte di un personaggio che deve sembrare un burattino ma è in carne e ossa per tutto il film, e comunque deve fare il “cattivo bambino” ma dimostra tutti i 50 anni che Benigni denuncia all’anagrafe. Piace, è vero, ai bambini italiani, che si divertono. Ma loro non conoscono lo splendido Pinocchio televisivo degli anni ’70, firmato da Luigi Comencini (disponibile in Dvd: fateglielo vedere!). ,Peccato, anche perché il recente show televisivo su Dante ha confermato le qualità, artistiche e umane di “Robertaccio”. Dai commenti dei colleghi attori e registi, però, sembra che tale dispiacere non sia condiviso da tanti dell’ambiente. Che forse lo preferivano quando faceva il saltimbanco alle Feste dell’Unità.,Antonio Autieri,

Pinocchio
Illustrazione fedele ma piuttosto piatta de “Le avventure di Pinocchio” di Carlo Collodi.,