Mentre il padre è lontano (siamo ai tempi della guerra di secessione), le sorelle March affrontano con coraggio e allegria le prove della povertà, della malattia e della crescita, stringono amicizia con il giovane e ricco Laurie. A raccontarci la loro storia è Jo, la più ribelle e inquieta, che vuole trovare la sua strada e finirà per realizzarsi scrivendo un romanzo ispirato alle vicende della sua famiglia.

Il grande classico Piccole donne (e il suo seguito) di Louisa May Alcott torna sul grande schermo grazie a Greta Gerwig, sensibile “ritrattista” di tormenti giovanili e famiglie incasinate, ma positive, già nel precedente autobiografico Lady Bird. Il nuovo adattamento è pieno di star (tra cui spicca Meryl Streep nei panni della dispotica zia March) e ripercorre con piglio vivace le avventure di queste giovani donne alla ricerca del loro destino, tra le privazioni della guerra, i sogni, le sofferenze e le sfide che riescono ancora a parlare al pubblico, senza forzare un’attualizzazione femminista, ma valorizzando lo studio dei caratteri, con uno sguardo tenero e coinvolgente su ogni personaggio. Colpisce e affascina, per esempio, l’ammirazione che questo gruppo di “piccole donne” (come le chiama, con enorme affetto, il padre) e tutta la famiglia March ottiene negli sguardi degli uomini, in scene di grande semplicità che risultano però molto emozionanti (come lo sono tutte quelle in cui l’anziano signor Laurence si rivolge alla piccola Beth con enorme e commosso affetto).

L’unica libertà che la Gerwig si prende è intrecciare il presente di Jo, aspirante scrittrice in una New York caotica, ma non minacciosa, e la sua adolescenza, fatta di incontri, avventure, corteggiamenti e litigi, raccontando il travaglio di una giovane donna alla ricerca di un posto nel mondo. Questa struttura, quanto meno nella prima parte del film, crea un poco di frammentarietà narrativa, anche perché la Gerwig viaggia veloce da un episodio all’altro, quando talora forse sarebbe valsa la pena di dare più spazio ai primi momenti dell’amicizia tra le sorelle March e il ricco e viziato Laurie.

Man mano che la storia procede, tuttavia, gli interpreti, tutti estremamente in parte e decisamente ben diretti, trovano il modo di far emergere le sfumature dei loro personaggi e le dinamiche di amicizia e amore (filiale o romantico) coinvolgono fino in fondo, dando spazio sia al dramma che ai momenti più lievi.
In particolare il rapporto di Jo con la madre, capace di educare prima con l’esempio e poi con una discreta disamina del cuore irrequieto di Jo, è raccontato dalla Gerwig con semplicità ed efficacia. E se sono da apprezzare tutti gli interpreti, com una citazione in particolare per Laura Dern, Florence Pugh e Timothée Chalamet, Saoirse Ronan è bravissima a rendere gli slanci e le incertezze del suo personaggio, che resta senza dubbio quello più moderno nell’opera della Alcott: una donna di talento alla ricerca di sé stessa, che trova a poco a poco il coraggio di concedersi anche lo spazio dell’amore, sacrificando anche un po’ di orgoglio e amor proprio.

Luisa Cotta Ramosino