Per tutta la vita racconta la storia di quattro coppie che si vedono annullato il matrimonio perché officiato da un finto prete e hanno l’occasione di risposarsi. Vito e Sara hanno un figlio e stanno già divorziando. Andrea e Paola sono a un bivio tra il desiderio di paternità di lui e le ambizioni di carriera di lei. Edo e Marco sono amici di lunga data ma Edo – sposato con Giada – ha una storia con Viola, la moglie di Marco…

Paolo Costella mette i suoi personaggi, e quindi anche noi spettatori, di fronte alla domanda: rifaremmo la stessa scelta di matrimonio celebrata anni prima? Per tutta la vita, scritto dal regista insieme a Paolo Genovese e Antonella Lattanzi, mette i problemi di coppia al centro del film, tanto da rievocare atmosfere viste in Immaturi di cui potrebbe essere una sorta di sequel. Non mancano i cliché: la coppia in crisi che alla fine scopre le ragioni per stare ancora insieme; quella in cui uno dei due deve sacrificare i propri desideri per andare avanti; la coppia che si perdona reciproci tradimenti ma che è disposta a darsi un’altra possibilità. In questo senso il film di Costella non offre niente di nuovo ma la scrittura è brillante e ha ritmo. Il cast è ben assortito con Luca Bizzarri (Edo) e Paolo Kessisoglu (Marco) che confermano il loro affiatamento; funzionano bene anche Claudia Gerini (Viola) e Carolina Crescentini (Giada), il cui personaggio cresce avvicinandosi alla fine. Interessanti le dinamiche che vivono Filippo Nigro e Claudia Pandolfi – già “coniugi” una dozzina di anni fa nel notevole e sottovalutato Amore bugie & calcetto – i cui Andrea e Paola cercano un equilibrio non facile quando i desideri e gli obiettivi sono diversi. A Fabio Volo (Vito) e Ambra Angiolini (Sara) viene invece affidata la storia un po’ più scontata di un matrimonio finito che si ricompone grazie al bene per il figlio.

Per tutta la vita si lascia vedere ma rimane un po’ il rammarico per una sceneggiatura che poteva essere più incisiva e sorprendente cercando magari di indagare di più le dinamiche tra marito e moglie; forse seguire le vicende di quattro coppie risulta un po’ dispersivo e complessivamente i personaggi femminili risultano meglio scritti e più efficaci di quelli maschili. Spiace, casomai, l’ambientazione sempre da upper class, con lavori ottimamente retribuiti, case che somigliano più a ville che ad appartamenti, che finiscono un po’ con il compromettere l’identificazione dello spettatore.

Aldo Artosin

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