Riley North, una moglie felice e una madre modello, assiste impotente all’omicidio del marito e della figlia per mano di alcuni narcotrafficanti. Gli autori del brutale omicidio vengono catturati ma durante il processo – nonostante la sua testimonianza – le accuse vengono fatte cadere e gli assassini liberati, grazie all’intervento di un giudice corrotto e di avvocati e poliziotti collusi. Quando Riley decide di vendicarsi, il suo obiettivo non saranno soltanto i carnefici della sua famiglia ma tutto il sistema, dalla giustizia americana ai potenti cartelli della droga.
Si rimane sinceramente perplessi di fronte a questo action – revenge movie diretto da Pierre Morel che aveva già frequentato il genere con Io vi troverò (2008) e Gunman (2015). La parte debole è soprattutto quella della sceneggiatura. Il personaggio di Riley North, impersonato da una rediviva Jennifer Garner, è senza spessore psicologico. Passa da un omicidio all’altro con furia cieca e si trova in una serie di situazioni piuttosto improbabili. Anche le parti di flashback, con i ricordi della figlia, sono senza particolare pathos. Non si capisce neanche lo scopo del film; se mai ne ha uno. Anzi, si esce dalla sala con il dubbio che gli autori del film abbiano voluto diffondere ulteriormente il tema del giustiziere solitario che lotta contro il sistema; ma stavolta al femminile. Il cinema americano è ricco di questi personaggi ma questa volta il tentativo non è riuscito. Non mancano i soliti cliché, come il giudice corrotto o il poliziotto al soldo dei narcotrafficanti. Insomma, sembra di essere di fronte a un enorme dejà-vu. Diciamo che, personalmente, abbiamo apprezzato di più la saga di John Wick, cui questo film sembra ispirarsi. Il finale aperto, poi, fa presagire, un sequel perché la lotta al crimine, si sa, non si può esaurire nello spazio di un film. Nel caso, sarà necessaria una storia più convincente.
Aldo Artosin