Da una sceneggiatura che pare sia rimasta per anni nell’elenco delle migliori non realizzate, un filmone di fantascienza (un budget di oltre 110 milioni di dollari) sontuosamente realizzato, ma con un deficit di credibilità che gli perdoneremmo più volentieri se la storia non faticasse a coinvolgere. Non basta il carisma dei due protagonisti, al momento tra i più quotati di Hollywood, a tener desta l’attenzione in un meccanismo di racconto che è costretto a inanellare forzature per poter portare avanti una premessa forse troppo esile per un intero lungometraggio…
La solitudine sempre più disperata del meccanico Jim, che arriva a un passo dal suicidio prima di decidere di svegliare la sua bella addormentata (che si chiama ovviamente Aurora), la prevedibile storia d’amore con altrettanto prevedibile scoperta del “tradimento” condite da un accenno di “lotta di classe” (Jim è povero e viaggia in classe economica, cabina più piccola e cibo sempre uguale, mentre Aurora che si può permettere la Gold Class ha una suite e colazione francese), che però poi si perde senza troppi approfondimenti, sono elementi che il film snocciola senza troppa convinzione riservando ben poche sorprese allo spettatore. Con il risultato che si aspetta con una certa impazienza che le anomalie di funzionamento dell’astronave (in cui regna un protocollo talmente assurdo che nessun membro dell’equipaggio si sveglia nemmeno di fronte alla possibilità che la nave esploda) costringano i due protagonisti a fare qualcosa di diverso… Anche in questa ultima parte di racconto tutta sbilanciata sull’azione (ma in cui ovviamente ad essere messo alla prova è il legame di Jim e Aurora) si sente un po’ troppo forte la mano dello sceneggiatore che è costretto a ripetute forzature. Tra l’altro è giusto in quest’ultima parte che l’eroina femminile sembra uscire dal ruolo di puro oggetto del desiderio per rivendicare un minimo di iniziativa… Che è poi quello che ci aspetteremmo avendo in scena la Lawrence.
Fatta la tara di questi limiti si può sempre apprezzare la morale semplice e positiva del racconto di queste due solitudini destinate a incontrarsi nelle circostanze più improbabili (invece di pensare sempre a dove vorresti essere, goditi il luogo e il momento in cui sei rendendo bella la vita che hai), perdonare le incongruenze in nome di una storia d’amore non proprio originalissima, e godersi un drink al bar della nave interstellare scambiando due chiacchiere con l’androide Arthur (Michael Sheen). Nell’insieme, forse il personaggio più riuscito del film…
Luisa Cotta Ramosino