Nelle prime battute conosciamo subito la coppia che ci sta di fronte: lui, Michael (Alec Baldwin), è un produttore hollywoodiano sicuro di sé e un po’ arrogante, sempre al telefono e pronto a dare ordini alla moglie; lei, Anne (Diane Lane, vive in funzione di lui, magari non proprio contenta ma rassegnata a un ruolo di “spalla”. Poi mentre dal festival di Cannes devono partire per Budapest, per il set di un grosso film con alcune difficoltà da risolvere, lei non si sente bene e preferisce andare a Parigi, dove un’amica le mette a disposizione la casa. A darle un passaggio è Jacques, il socio francese del marito: «In serata sarà a Parigi» promette lui, e aggiunge di fronte alla sua ritrosia: «Non mordo mica…». Il marito è tranquillo, lei meno – non lo conosce – ma l’uomo non sembra un pericoloso assatanato. E in effetti Jacques è garbato, parla magari un po’ troppo ma è gentile, e illustra le bellezze dei luoghi con grande savoir faire. E tra un paesaggio da mostrarle, un cibo o un vino da farle assaggiare, un monumento o una mostra da visitare, il breve viaggio si prolunga…
Debuttare alla regia di un lungometraggio a 80 anni, pur dopo aver diretto alcuni documentari, non è da tutti. Ci è riuscita Eleanor Coppola, moglie del grande Francis Ford e madre di Sofia (ma la famiglia Coppola conta parecchi altri membri, tra figli, nipoti e congiunti). E certo viene spontaneo pensare (oltre a qualche possibile spunto autobiografico) che senza l’augusto marito forse il debutto non ci sarebbe stato: la commedia, garbata e con tocchi di sensibilità, è però molto esile e stiracchiata, anche pretestuosa nel mostrare un grand tour di un’americana quasi a Parigi a tratti affascinante, ma in altri momenti più simile a una docu-fiction promozionale da ente del turismo per ricchi snob. Gli attori, in particolare la bellissima Diane Lane, hanno classe e glamour, ma i dialoghi sono spesso inconsistenti e i continui stop forzati irritano anche un po’, per come l’uomo li congegna e per come la donna cerca solo blandamente di evitarli. Come pure le continue foto di lei a tutto, cibi in special modo (e per fortuna che non li “posta” su qualche social network…). Molte, troppe frasi fatte («Guidare è il solo modo di conoscere un Paese… La vita e il lavoro hanno un ciclo…»), mentre inizia una sottile schermaglia seduttiva – che pure l’uomo ha già le sue soddisfazioni, in quel campo, come non disdegna di mostrare in una delle sue soste – che rimarrà aperta a ogni conclusione, ma anche senza suscitare troppo interesse in chi guarda.
Poi, all’improvviso e in maniera imprevista, un momento di verità e di emozione, con il racconto di un triste lutto lontano ma sempre vivo (la perdita di un bambino) e l’affidare quel dolore a una Madre speciale. Un solo momento, perché poi il film riprende il suo percorso; anche se il finale non è male. Ma rimane un po’ poco, di un’operina anche simpatica ma leggera come una bolla di sapone.
Antonio Autieri