Parigi, 13 Arr. è ambientato al giorno d’oggi nel quartiere Les Olypmiades. Emilie è una ragazza di origine cinese che dopo essersi laureata lavora come centralinista. Camille è un giovane professore di lettere di origine africana, amante delle donne e coinquilino di Emilie. Nora è una trentenne che da Bordeaux torna a Parigi per riprendere a studiare. Amber, invece, si esibisce in una chat porno molto seguita. Le loro vite finiranno in qualche modo per incrociarsi…

Diretto da Jacques Audiard, Parigi, 13 Arr. (titolo invero poco evocativo) è tratto da alcune graphic novel dell’illustratore americano Adriane Tomine e ambientato a Les Olympiades, uno dei quartieri del 13° distretto, oggetto di una profonda rivisitazione urbana negli anni 70. Girato quasi esclusivamente in un elegante bianco e nero (un tributo a Manhattan di Woody Allen, ha ammesso lo stesso Jacques Audiard), il film ci pone difronte a una domanda: che genere è? Un film drammatico? Sentimentale? O forse, come scritto da più parti, una romcom 2.0? È lo stesso regista a indirizzare la risposta; in una recente intervista, infatti, Audiard ha dichiarato che aveva in mente di girare un film che fosse «una conversazione sull’amore». I protagonisti sono quattro giovani alle prese con le loro incertezze, i bisogni di conferme, la necessità di non sentirsi soli e di essere amati. Ognuno di loro segue un suo percorso personale fatto di alti e bassi, di incontri, di relazioni sessuali che nascondono, però, il bisogno di dare vita a un rapporto più vero. Sono sinceri e schietti; si esprimono evitando il politicamente corretto e causano sofferenza negli altri. Attaccano per primi, per poi difendersi.

Audiard mette in scena una sorta di favola moderna, sullo sfondo di una città che è Parigi ma potrebbe essere una qualsiasi metropoli contemporanea, multietnica e multiculturale.  Anche se non ha l’incisività di alcuni suoi lavori precedenti come Il profeta, Dheepan – Una nuova vita o Un sapore di ruggine e ossa, il film ha nella sceneggiatura scritta a sei mani insieme a Léa Mysus e Céline Sciamma, il suo punto di forza in cui ognuno dei protagonisti alla fine del racconto ha imparato qualcosa di sé. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2021.

Stefano Radice

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