All’interno di un’aula della sezione penale di un Tribunale di Giustizia, sta per iniziare il processo a un benzinaio che, dopo una rapina, ha ucciso uno dei due malviventi in fuga: legittima difesa od omicidio volontario? Al processo, dietro le sbarre, assiste anche il rapinatore sopravvissuto mentre l’imputato ascolta gli interventi del pubblico ministero e degli avvocati. In aula c’è anche Angelina, la compagna del rapitore, mentre fuori rimangono la figlia Luce, di 7 anni, e Domenica, la figlia adolescente del benzinaio. Tutti in attesa della sentenza, prevista per la sera…
Palazzo di Giustizia segna l’interessante esordio alla regia di Chiara Bellosi con un film, non un semplice legal movie come potrebbe sembrare dalla trama, apprezzato anche al Berlino Film Festival e alla Festa del Cinema di Roma. Alla regista non interessa tanto la conclusione giudiziaria dell’imputato, e il finale lo mostra chiaramente, quanto la descrizione di quanto accade nel palazzo del tribunale, che è un po’ uno dei protagonisti con i suoi corridoi, le scale, gli spazi e gli archivi in cui facilmente ci si perde. E anche con le sue attese cui sono sottoposti tutti gli ospiti della giornata, soprattutto quelli che attendono una sentenza. Per questo, lo sguardo della regista si sofferma su Angelina (molto brava Daphne Scoccia che aveva debuttato con Claudio Giovannesi in Fiore), madre brusca e nervosa, ma soprattutto sulla piccola Luce, sulla sua incontenibile energia e bisogno di attenzione resi benissimo da Bianca Leonardi; brava anche Sarah Short nel rendere l’ansia di Domenica per il padre. La bambina e la ragazza inizialmente rappresentano due mondi che non possono comunicare, e non solo per ragioni anagrafiche, ma finiranno inevitabilmente con il venire in contatto, dando senso a una giornata interminabile.
Aldo Artosin