Lord Mountbatten (Hugh Boneville) arriva in India come viceré con una missione apparentemente semplice: seguire il passaggio di potere tra l’Impero Britannico e l’India, che ha conquistato la sua indipendenza grazie al movimento guidato da Gandhi e al sacrificio di tanti volontari indiani nell’esercito inglese durante la Seconda Guerra Mondiale. Quello che Mountbatten non sa è che il negoziato sarà molto più complesso del previsto anche perché qualcuno non gioca a carte scoperte e lui e la sua famiglia rischiano di diventare gli involontari complici di uno scontro sanguinoso tra indù e musulmani. Intanto, nell’ala della servitù, la travagliata storia d’amore tra l’indù Jeet e la musulmana Alia diventa metafora perfetta di una nazione tragicamente divisa.

Gurinder Chada (Sognando Beckham) rivisita un momento fondamentale della storia del suo paese d’origine, e anche di quella della sua famiglia: la nonna fu tra i milioni rifugiati costretti a lasciare da un giorno all’altro i loro villaggio in conseguenza della divisione tra India e Pakistan all’indomani dell’indipendenza dall’Impero Britannico, una vicenda che la regista narra svelandone i retroscena, fatti di compromessi ed errori per cui pagarono la vita migliaia di persone. Il film sceglie la casa del viceré come microcosmo in cui mettere in scena non solo le contrattazioni non sempre limpide, tra i leader dei vari partiti/minoranze, ma anche una storia d’amore contrastata che vede ovviamente protagonisti due giovani appartenenti alle etnie in  conflitto.

Il palazzo del viceré, sontuoso e con un cast di tutto rispetto, aspira all’affresco d’epoca, ma usa una costruzione quasi televisiva per esemplificare la sua tesi, con un meccanismo di costruzione del racconto upstairs/downstairs che ha fatto la fortuna di tanta produzione anglosassone sul grande e piccolo schermo. Non mancano tuttavia gli omaggi al cinema bollywoodiano, come la scena di un fidanzamento in cui al ritmo di una canzone musulmani e indu ballano insieme. Forse un po’ prevedibile, ma interessante per lo squarcio che apre su una vicenda non così nota, Il palazzo del Viceré è un buon esempio di intrattenimento che non rinuncia a un’analisi storica rispettabile.

Luisa Cotta Ramosino