Mediocre horror paranormale che pare tanto il riciclo di situazioni e svolte già viste. Al centro della vicenda una tavoletta ouija che consentirebbe a chi la possiede e la utilizza correttamente un dialogo diretto con defunti o entità soprannaturali. Ovviamente quello che sembrerebbe essere un semplice gioco da ragazzine (il prologo parte proprio da lì, da due ragazzine che mettono le mani sulla tavoletta sbagliata) diventerà un gioco sì, ma al massacro….,Diretto da un veterano degli effetti speciali, al primo film da regista, Ouija mostra tutti i difetti dell'horror recente: una buona confezione di partenza con attori accettabili e un comparto tecnico sopra la sufficienza ma una regia e una sceneggiatura (dello stesso regista assieme a Juliet Snowden di Segnali dal futuro e Boogeyman) piatte e prive di forza. E mai come nel caso di un horror la differenza la fa proprio il temperamento e la sensibilità del regista. La vicenda è di quelle straviste: una ragazza e un gruppo di amici, uno più fesso e ingenuo dell'altro, indagano sullo strano suicidio di una loro amica. C'entra una tavoletta malefica e c'entra soprattutto uno spirito che sembra avere tanta voglia di rimettere piede tra le cose dei vivi. In Ouija c'è tutto il repertorio del film soprannaturale: un maleficio, la casa stregata, la solita vecchia nel manicomio che fa la spiega a metà film di quello che è avvenuto, il passato che riaffiora, gli specchi che si rompono. Il regista Stiles White scopiazza e riprende senza aggiungere nulla di nuovo: la gestione della suspense è inadeguata, le svolte piuttosto prevedibili e anche sul suo terreno preferito, gli effetti speciali puri, non si discosta troppo dalla mediocrità dell'horror recente confezionando una scena madre di scarsa efficacia e nemmeno troppo curata dal punto di vista visivo. Un altro horror mediocre che mette in fila intuizioni buone dell'horror passato – in questo caso il paranormale – senza riuscire e a ricreare un mondo coerente in cui rappresentare con verità e realismo le inquietudini più profonde.,Simone Fortunato,