Una grande sorpresa, per molti osservatori. Tra i nove titoli che si erano candidati a rappresentare l’Italia agli Oscar, per la categoria miglior film straniero, Non essere cattivo non era certo il favorito. Sicuramente la scelta della commissione Anica – formata da nove persone tra produttori, distributori, registi, critici oltre al massimo funzionario che si occupa di cinema al Ministero dei Beni Culturali – ha spiazzato gli appassionati di cinema, che conoscono poco o per nulla questo film e il suo regista Claudio Caligari, solo due film in trent’anni di carriera e questo terzo concluso poco prima di morire per un tumore.
Oltre tutto, pensando in termini utilitaristici alla “gara” ovvero a quale film potesse piacere di più ai giurati americani, sembravano avere più chance Mia madre di Nanni Moretti (c’è anche l’americano John Turturro nel cast) e forse Il giovane favoloso di Mario Martone (ma di Giacomo Leopardi cosa sapranno a Hollywood?). Gli altri erano il melodrammone a tinte forti Nessuno si salva da solo di Sergio Castellitto (ottimi i protagonisti Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca, ma storia poco equilibrata), i “troppo artistici” per i canoni Usa L’attesa di Piero Messina, Per amor vostro di Giuseppe M. Gaudino e Vergine giurata di Laura Bispuri, oltre a due opere mediocri di registi che hanno fatto di molto meglio in passato, ovvero Latin Lover di Cristina Comencini e Sangue del mio sangue di Marco Bellocchio (che pure ha ricevuto voti alla prima tornata: cosa si fa per partito preso…).
E invece l’ha spuntata l’assente per eccellenza. Claudio Caligari, nato nel 1948 (ad Arona), è sempre stato ai margini del cinema italiano; non a caso aveva realizzato solo due film in passato. Tanti i progetti mai andati in porto, anche negli ultimi anni. Non essere cattivo è frutto della volontà dell’amico attore Valerio Mastandrea, che arrivò a scrivere una lettera pubblica al grande Martin Scorsese sperando in un suo aiuto per un “collega” sfortunato che non riusciva a trovare i soldi per il suo film. L’ultimo, si è scoperto pochi mesi fa quando Caligari morì. Gli amici e i collaboratori sapevano della sua malattia. Lo sapeva soprattutto Mastandrea che si battè come un leone per farglielo portare a termine, mettendo insieme varie case di produzione italiane diverse e distanti tra loro (la piccola Kimera Film con il sostegno delle ben più grandi TaoDue, Rai Cinema e Leone Film Group: un’alleanza rarissima nel panorama italiano); e poi seguendo le riprese e la postproduzione da vero produttore, lui che in pratica non lo aveva mai fatto, se non per piccole opere prime. A Mastandrea, che non ha recitato come interprete del film, si deve il successo dell’impresa, umana oltre che cinematografica. Che fino a pochi giorni fa era già aver realizzato il film, e poi averlo portato a Venezia fuori concorso (ma meritava la gara), quindi nei cinema con il distributore Good Film (tra i suoi soci Lapo Elkann e la sorella Ginevra, presidente della società).
La commissione si è forse fatta condizionare emotivamente dalla scomparsa di Caligari? Tutto può essere, poi con pochi votanti – nell’ultima votazione, pare che Non essere cattivo abbia prevalso di stretta misura su Mia madre, per 5 voti a 4 – ma noi crediamo onestamente di no. Perché questo piccolo film – opera dura ma anche toccante di amicizia e autodistruzione di due tossicodipendenti nella Ostia di metà anni 90 – non è un’opera perfetta e senza carenze; e non è fatta per piacere a tutti. Ma era semplicemente il film più bello, sincero, emozionante dei film in gara. E anche sulla carta pare un’operazione impossibile arrivare alla Notte delle stelle di Los Angeles di domenica 28 febbraio, una storia “locale” ma in fondo universale di amicizie, delusioni, cadute e tentativi di rimettersi in piedi tra mille errori potrebbe anche conquistare i cuori dei giurati hollywoodiani.