Esercito francese, fronte occidentale, 1916. Nella speranza di ottenere un’ambita promozione il generale Paul Mireau (George Macready) decide di mandare i propri uomini all’assalto del “Formicaio”, una postazione tedesca considerata inespugnabile. Nonostante la ferma opposizione del colonnello Dax (Kirk Douglas) l’attacco viene sferrato. Le conseguenze si rivelano subito nefaste. La maggior parte dei soldati francesi, lanciati contro le trincee nemiche, viene uccisa dopo pochi metri di corsa. Addirittura un intero reparto, vista la malaparata, decide di non uscire dalle proprie posizioni per non incappare in una morte certa. Il generale dà quindi ordine all’artiglieria di far fuoco contro i suoi soldati per costringerli all’azione. A questa decisione segue il rifiuto del capitano d’artiglieria il quale richiede un ordine scritto prima di eseguire il bombardamento. Ordine che non farà comunque in tempo ad arrivare prima della disfatta. Il mancato successo dell’operazione scatena un’ossessiva voglia di rivalsa da parte dell’alto comandante nei confronti dei soldati, a suo modo di vedere colpevoli d’insubordinazione. Di qui si arriverà al processo sotto corte marziale di tre militari presi “per dare un esempio” fra le fila dei sottufficiali: il caporale Paris (Ralph Meeker) e i soldati semplici Arnaud (Joe Turkel) e Ferol (Timothy Carey). Nonostante siano ufficialmente selezionati a caso, si sospetta che sia il primo, che ha avuto gravi contrasti con il proprio tenente, sia l’ultimo, indicato come asociale dai propri commilitoni, siano stati volutamente scelti per essere sacrificati. Solo Arnaud, peraltro pluridecorato, si trova coinvolto nella stessa situazione come conseguenza di un semplice sorteggio. A prendere le loro difese sarà il colonnello Dax, avvocato parigino di successo prima dello scatenarsi del conflitto.
Il quarto lungometraggio di Stanley Kubrick, sebbene sia un’opera giovanile del regista, ne dimostra ampiamente il tocco geniale, caratterizzato com’è da uno stile di netta rottura rispetto alla propria epoca (il film è del 1957) sia dal punto di vista delle tematiche – è una delle prime opere cinematografiche di stampo decisamente antimilitarista – sia da quello registico. La passione per la composizione delle immagini, derivata dalla lunga esperienza del regista in ambito fotografico, è evidente e si accompagna a un uso di sequenze suggestive, come ad esempio la lunga ispezione del colonnello Dax attraverso le trincee francesi che ospitano soldati stanchi e sempre meno motivati. Seducente e fuori dagli schemi dell’epoca anche la scelta stilistica di non mostrare mai il nemico, quasi a suggerire che il male può fare a meno di un volto definito, preferendo creare discordia fra coloro che dovrebbero essere fra di loro alleati.
Emerge infatti con veemenza, lungo lo svolgersi di tutto il film, uno dei temi fondamentali per Kubrick, ossia quello del potere. Un potere che assoggetta a sé qualsiasi uomo, sia esso un generale affamato di gloria o un povero soldato semplice, vittima delle circostanze. In mezzo a questi due estremi umani si snodano i diversi gradi (non a caso siamo in un esercito) e le sfumature del potere stesso che attraverso meschinità, abiezione, falsità e compromessi, oliano il perverso meccanismo di una società pronta a sacrificare milioni di uomini in nome di una moderna e insensata autoaffermazione. La guerra non ne è che un’espressione, la più violenta, fra le tante. Lo stesso film non è ispirato a una storia vera, bensì a un romanzo-collage di episodi storici realmente avvenuti fra le fila dell’esercito francese (ma atrocità simili si commettevano da ogni parte) durante la Prima Guerra Mondiale. Vere vittime sono i puri di cuore e gli affamati di giustizia, alla genuinità dei quali il diffuso cinismo non dà nemmeno troppo credito. Sarà solo l’irrompere di un momento di bellezza a riportare una lieve speranza, dimostrando che la capacità di commozione degli esseri umani, sebbene imbruttiti da un feroce conflitto, è comunque dura a morire. A scommettere su tale capacità sarà anche il finale del successivo film di Kubrick, Spartacus, anch’esso con Kirk Douglas nei panni del protagonista. Una curiosità: l’attrice tedesca Susanne Christian, unica donna a comparire brevemente nel film interpretando però un ruolo altamente significativo, diverrà la moglie di Kubrick al quale rimarrà legata tutta la vita.
Raffaele Castagna